martedì 19 gennaio 2016

Tetto ventilato: ecco come funziona



Tratto dal sito www.edilportale.com

14/01/2016 – Le coperture hanno la fondamentale funzione di proteggere l’abitazione dalle azioni esterne, garantendo elevate prestazioni di impermeabilità all’acqua, resistenza al vento e isolamento termico in modo da ottenere la minima dispersione energetica.

Per questo è particolarmente importante dotare la copertura dei requisiti necessari perché si possa realizzare uno smorzamento dell’ampiezza e uno sfasamento temporale del picco dell’onda termica nel passaggio dagli strati esterni a quelli interni della copertura agendo sulla massa e sulle proprietà dei materiali.
 

Coperture: tecnologie a confronto

Ogni tetto presenta un certo numero di elementi a seconda del diverso tipo di funzionamento della copertura. Tali strati funzionali possono portare generalmente a quattro tipi di coperture: copertura non isolata non ventilata, copertura non isolata ventilata, copertura isolata non ventilata (tetto caldo), copertura isolata ventilata (tetto freddo).

Una copertura non isolata e non ventilata è un tipo di copertura dove non sono previsti né elementi termoisolanti, né uno strato di ventilazione. Vista la poca coibenza che garantisce questa copertura si utilizza in casi limitati in cui non è richiesto un isolamento termico del sistema (come ad esempio le coperture degli edifici agricoli).

Una copertura non isolata ventilata è uguale alla precedente ma con in più uno strato di ventilazione al di sotto dell’elemento di tenuta, con lo scopo di migliorare il comportamento della copertura in estate in quanto la ventilazione riduce gli effetti del riscaldamento dovuto all’irraggiamento solare. Anche questa soluzione viene generalmente adottata nell’edilizia agricola.

Il tetto caldo ( ovvero copertura isolata ma non ventilata) è provvisto di uno strato termoisolante ma non possiede uno strato di ventilazione. Una copertura di questo genere quindi è costituita dai seguenti strati: elemento portante o supporto di copertura (calcestruzzo gettato in opera o misto laterocemento, pannelli in cls prefabbricati, pannelli in legno, lamiere metalliche ecc); barriera al vapore; isolamento termico; manto impermeabile; opere accessorie.

Il tetto freddo ( ovvero copertura isolata e ventilata) ha una composizione simile a quella del tetto caldo ma nella stratigrafia viene inserito uno spazio di ventilazione, che separa gli strati, interposto tra isolamento e sovracopertura.

Nel tetto caldo quasi sempre il manto impermeabile è applicato direttamente sull'isolamento termico, che ne costituisce il supporto, mentre nel tetto freddo il manto impermeabile è posato sulla sovracopertura che quasi sempre è costruita in legno. Generalmente la tipologia del tetto caldo è più diffusa, specie nell'edilizia industriale, mentre il tetto freddo, o tetto ventilato, viene realizzato soprattutto nel caso di coperture in legno, tetti a falda e per edifici residenziali.
 

Tetto ventilato: stratigrafia

Dal punto di vista tecnologico la copertura ventilata deve prevedere, dall’interno verso l’esterno:
- struttura;
- strato di tenuta al vapore, quando si decide di inserirlo;
- elemento termoisolante;
- strato di ventilazione (si ottiene mediante realizzazione di una intercapedine a spessore costante fra gli elementi di copertura e lo strato sottostante);
- manto di copertura, con previste aperture di areazione in corrispondenza del colmo e della gronda.



Secondo la UNI 9460 la sezione di flusso per intercapedini efficaci nella riduzione del flusso termico in clima estivo, nel caso di pendenze usuali in Italia (30-35%) e lunghezza di falda usuali (fino a 7 m), è di almeno 550 cmq netti per ogni metro di larghezza della falda.

Nel caso in cui non sia prioritaria l’esigenza di una efficacie ventilazione estiva, e in presenza di lunghi periodi con ambiente umido, possono essere adottate coperture che assicurano lo smaltimento di eventuale vapore d’acqua accumulatosi nella copertura sia in inverno che nelle stagioni intermedie, con uno spessore dell’intercapedine tale da assicurare una sezione libera di almeno 200 cmq per metro di larghezza di falda.

Deve essere assicurata sulla copertura una adeguata sezione di ingresso dell’aria in corrispondenza della linea di gronda e di uscita in corrispondenza del colmo; il corretto dimensionamento dello strato di ventilazione risulta essenziale per il buon funzionamento del sistema.
 

Tetto freddo: come funziona

Nel tetto freddo quindi lo strato di ventilazione migliora notevolmente l’isolamento termico della copertura; grazie alla ventilazione il vapore acqueo prodotto nell’abitazione viene espulso al di fuori del tetto, prevenendo in questo modo fenomeni di condensa.

L’intercapedine naturale, che separa nettamente il manto di copertura dallo strato coibente sottostante, agevola infatti l'attivazione di "moti convettivi ascensionali", che sottraggono gran parte del calore che altrimenti si trasmetterebbe agli strati sottostanti, e permette all’umidità di fuoriuscire senza compromettere il potere termoisolante degli strati sottostanti e dell’intercapedine stessa.


Per far sì che si attivi tale meccanismo, l'aria esterna deve entrare nell’intercapedine a livello di gronda e deve uscire dal colmo attraverso un elemento di sfiato. In questo modo in inverno la ventilazione lascia il materiale isolante asciutto, evitando condense, in estate l'aria fresca, che penetra dalla linea di gronda, si riscalda nell'intercapedine e diventa più leggera e fuoriesce dal colmo, sottraendo calore alla struttura. In corrispondenza del colmo deve essere assicurata anche la tenuta all’acqua e alla neve trascinata dal vento.



La coibentazione estiva del tetto infatti ha assunto una certa rilevanza, anche a seguito dell’aumento delle temperature; uno strato di ventilazione quindi aggiunge valore ai materiali isolanti  che generalmente hanno una buona performance nel trattenere il calore all’interno dell’edificio ma possono avere problemi nel proteggere dal caldo o resistere alle alte temperature che si possono raggiungere nel sottotegola.

Inoltre il tetto ventilato assicura una maggior durata degli elementi del manto di copertura, che possono asciugarsi rapidamente, sia all’intradosso che all’estradosso, dall’assorbimento per imbibizione dell’acqua piovana, diminuendo quindi i rischi di rotture in caso di gelo.

Le coperture ventilate, conformi alle norme UNI 9460/2008 e UNI 8627/6.2 possono produrre un abbassamento della temperatura dopo le ore di insolazione estiva e  migliorare il comfort termico del sottotetto, soprattutto nei casi in cui si scelga di ristrutturarlo per trasformarlo in mansarda.

Se l’intercapedine d’aria non rispetta i parametri delle norme UNI probabilmente si tratta di tetti micro ventilati, caratterizzati da una camera d’aria più contenuta e una più veloce e facile posa. La microventilazione sottotegola serve infatti per evitare persistenza di umidità, formazione di condensazioni e per prolungare la durata del sistema.
 

Tetto ventilato: applicazioni

Generalmente i tetti freddi vengono realizzati per rendere abitabili i locali sottotetto.

Il tetto ventilato può essere applicato sia in edifici di nuova costruzione, in fase di realizzazione, sia durante la ristrutturazione di un edificio attraverso l’applicazione di pannelli al di sotto del tetto a falda che permettano la formazione di una intercapedine di aria dello stesso spessore lungo tutta la falda, onde evitare fenomeni di accumulare aria a temperature diverse o di creare strozzature che frenino la libera circolazione dell'aria.

La posa dei pannelli viene effettuata dalla gronda verso il colmo. Lo sfrido del pannello terminale di ogni fila viene usato per iniziare la fila successiva. Questa procedura consente di ottenere giunti sfalsati e di ridurre al minimo la percentuale di sfrido.
 

Sistemi per tetti ventilati

Tra i tetti ventilati possiamo trovare coperture a falde ventilate sottoguaina in cui le tegole si dispongono su listelli di legno, in modo da creare una camera d’aria, tra il manto isolante e quello di finitura, i tetti ventilati prefabbricati in cui lo strato di ventilazione si ottiene normalmente tramite la realizzazione di una doppia listellatura sulla quale si posano le tegole, ma anche tramite l’uso di pannelli opportunamente studiati e progettati.

Nei tetti micro ventilati, utilizzati soprattutto per tetti a falde inclinate su soletta in latero-cemento,  le lastre sono dotate di particolari scanalature nel manto sottotegola che facilitano la corrente ascensionale che si muove dalla linea di gronda fino a quella di colmo migliorando il comportamento termico e igrometrico della struttura.

Tra i sistemi per tetti ventilati c’è AERcoppo di AERtetto che può abbattere il calore riflesso anche del 40% grazie ad una camera di ventilazione pari a cmq 560/ml e un’uscita dalla linea di colmo di cmq 800/ml complessivi.


Tra i sistemi ventilati innovativi e basati sull’utilizzo di moduli pre-assemblati in azienda c’è BIGMAT VASSun tetto ad alta coibentazione grazie alla composizione del pacchetto isolante che permette di unire le proprietà e i vantaggi di EPS e fibra di legno all’ottima traspirabilità e impermeabilità garantita dallo strato ventilato e dal telo impermeabile.


Un altro esempio è offerto da ISOTEC XL di BRIANZA PLASTICAun pannello in schiuma poliuretanica espansa rigida che garantisce un'alta resistenza termica anche grazie al correntino integrato in acciaio con un profilo progettato per assicurare una ventilazione del tetto pari ad oltre 200 cm²/m di gronda.


Tra i sistemi sottocoppo per tetti ventilati c’è SC190 di ONDULINE ITALIA, una lastra monostrato ondulata a base di fibre organiche bitumate che assicura una buona impermeabilizzazione e ventilazione della copertura con facilità di posa in opera.


Tra i sistemi per tetti ventilati in sughero c’è VENTILCORK di Sace Componentsun pannello prefabbricato per coperture ventilate composto da pannello in sughero assemblato ad una lastra in legno multistrato che consente di posare in un’unica operazione (grazie al pannello già assemblato) il materiale coibente, la camera di ventilazione e il supporto per il manto di copertura.


SISTEMI PER TETTI VENTILATI >> VEDI TUTTI

 

Pannelli e feltri termoisolanti

Tra i vari pannelli termoisolanti per le coperture ce ne sono alcuni particolarmente adatti per i tetti ventilati.

Un esempio è AIREK ECOWOOD di RE.PACK un pannello isolante per tetti ventilati in fibra di legno ad alta densita', trattato con paraffine e materiali idrofuganti naturali, accoppiato sul lato superiore con un pannello osb, con interposti spessori in legno da 4 cm di spessore che garantiscono una ventilazione ottimale.


Tra i pannello per tetti termo ventilati in EPS c’è VENTUS di PONTAROLO ENGINEERINGrealizzato con la particolare sagomatura a gole che consente la ventilazione, la raccolta e l’incanalatura verso il basso di eventuale condensa che dovesse venire a formarsi.


Tra i pannelli per tetti micro ventilati c’è FIBROTEK di FIBROTUBIcostituito da poliuretano espanso rigido ad alta densità con pellicola centesimale in alluminio goffrato. Il correntino in Aluzinc, progettato per il corretto appoggio al manto di copertura, garantisce nel contempo un ottima micro ventilazione data dalla foratura ricavata nel profilo stesso. La foratura del profilo corrente metallico,che determina una camera ventilata da 4 cm di spessore, assicura un ottimo flusso d’aerazione, perfettamente distribuito sotto tutto il manto di copertura.


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Pannelli e lastre per coperture

Esistono pannelli e le lastre per coperture particolarmente indicati per tetti ventilati.

Un esempio è ALGOPAN VENTILATO USD – XL di EDILTECpannelli sandwich prefabbricati al polistirene estruso, accoppiato a supporti in multistrato fenolico destinati all'isolamento di coperture ventilate. Sono pedonabili, adatti alla posa su solette in laterocemento o su tavolato in legno per la realizzazione di coperture ventilate.


Un altro esempio è offerto da BLUAIR di ELLE ESSEpannelli ventilati sagomati e accoppiati ideali per la coibentazione di tetti ventilati, costituiti da OSB, un pannello tecnico formato da tre strati pressati, ottenuti da scaglie di legno a fibra lunga orientata e legati con resine, e una lastra realizzata in polistirene espanso sinterizzato additivato a grafite, con struttura a celle chiuse.


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domenica 17 gennaio 2016

Il nuovo conto termico

Tratto dal sito www.qualenergia.it

Solare termico: Conto Termico 2.0 vs. detrazioni fiscali

Il 2016 vedrà operativi sia la nuova edizione del Conto Termico sia l’ennesima conferma delle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica. Ma quale tra i due meccanismi incentivanti risulta più conveniente per un utente interessato al solare termico?
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Come anticipato in un precedente articolo, il 2016 sarà l’anno della nuova versione del meccanismo di incentivazione detto “Conto Termico”. Sarà, inoltre, anche l’anno dell’ennesima conferma delle detrazioni fiscali al 65% per gli interventi di efficienza energetica negli edifici esistenti.
Un utente finale interessato al solare termico, perciò, si dovrà chiedere quale tra i due meccanismi incentivanti sia più adatto e più conveniente per massimizzare il suo rendimento economico.
Prima di affrontare le differenze, però, vediamo quali sono i punti in comunecondivisi dalle due tipologie di incentivo. Innanzitutto, si tratta di meccanismi che non permettono di ridurre l’investimento necessario per la realizzazione dell’impianto come accade invece, ad esempio, per gli incentivi in conto capitale. Il Conto Termico, infatti, fornisce un contributo spalmato nei due o cinque anni successivi alla realizzazione dell’impianto e la detrazione fiscale permette di ridurre le tasse da pagare per un periodo di dieci anni.
Un altro aspetto condiviso dai due schemi di incentivo è la necessità di utilizzare collettori solari dotati della certificazione europea Solar Keymark, requisito in generale volontario, ma che diventa obbligatorio se si vuole usufruire di uno dei due contributi.
Un esempio: un piccolo impianto tipo
Per effettuare il confronto tra i due meccanismi, prendiamo in considerazione un piccolo impianto solare termico per la produzione di acqua calda sanitaria a servizio di un’abitazione residenziale singola, poiché si tratta, senza dubbio, dell’applicazione ancora più diffusa nel nostro Paese.
L’impianto in oggetto avrà una superficie captante di 5 m2 e un costo “chiavi in mano” pari a 5.000 euro. Si tratta, quindi, di un valore di costo specifico pari a 1.000 euro per ogni metro quadrato installato, del tutto in linea con i prezzi medi in Italia. Ipotizzando una producibilità media di 600 kWh/m2, l’impianto solare avrà un output di 3.000 kWh/anno. Assumendo che il calore gratuito dal sole sostituisca metano con un prezzo medio di 0,085 €/kWh, ottengo un risparmio di 255 €/anno.
Detrazione fiscale: elevata e semplice
Se la detrazione fiscale viene scelta come sistema incentivante, il 65% del costo di impianto, vale a dire 3.250 Euro, è recuperabile in un periodo di 10 anni. Non si tratta di una entrata, ma di una mancata uscita, in quanto il proprietario dell’impianto potrà detrarre dalle tasse un ammontare pari a 325 euro all’anno per 10 anni. Per un calcolo semplificato, comunque, ipotizziamo che si tratti di un decurtamento del costo di investimento, che scende quindi a 1.750 euro. Confrontando questo valore con il risparmio annuale, si ottiene un tempo di ritorno economico semplice pari a poco meno di 7 anni.
Ricordiamo, inoltre, che esiste una soglia di detraibilità massima, pari a 60.000 euro che corrisponde, quindi, a un limite di spesa di poco più di 92.000 Euro. Il nostro impianto, perciò, rientra ampiamente negli interventi detraibili.
Oltre alla notevole entità del recupero fiscale, infine, il meccanismo delle detrazioni fiscali presenta l’innegabile vantaggio di essere in piedi da molti anni e, quindi, ben conosciuto da utenti finali, venditori e installatori.
Un aspetto negativo potrebbe essere quello della non applicabilità di questo meccanismo ai cosiddetti “incapienti”, vale a dire persone che, dichiarando un reddito imponibile inferiore alla soglie minime previste, non subiscono alcuna tassazione sul reddito e, di conseguenza, non traggono alcun beneficio da sue eventuali riduzioni, come la detrazione fiscale del 65%.
E con il Conto Termico?
Diversamente da quanto accade con la detrazione fiscale, il calcolo dell’incentivo dovuto al meccanismo del Conto Termico 2.0 (ancora in versione di bozza al momento della scrittura) risulta più complesso perché legato alla taglia del sistema, alla sua applicazione e al rendimento del collettore solare utilizzato nell’impianto.
Per valutare la possibile entità di questo incentivo, perciò, facciamo riferimento al grafico sottostante, già introdotto nel precedente articolo sul tema del Conto Termico, che riporta l’incentivo per ogni metro quadrato installato in funzione della taglia del sistema, rappresentata dalla superficie lorda espressa in m2. Precisiamo che i valori riportati sull’asse verticale del grafico rappresentano l’incentivo totale ottenibile, vale a dire la somma dei contributi che l’impianto riceverà nel periodo previsto, di durata pari a 2 o 5 anni, secondo la dimensione del sistema. Nel caso in esame (impianto al di sotto dei 50 m2), la durata dell’incentivo è di 2 anni.
Anche per questo meccanismo di incentivazione, inoltre, esiste una dimensione massima dell’impianto, pari a 2.500 m2.
Escludendo i due collettori a prestazioni più elevate, adatti ad applicazioni a maggiore temperatura di utilizzo, avremmo un incentivo che va da circa 180 a circa 300 €/m2che, moltiplicato per la superficie del nostro impianto di riferimento (5 m2), porta a un contributo complessivo compreso tra 900 e 1.500 euro.
Ne risulta un costo di investimento netto tra 3.500 e 4.100 euro e un tempo di ritorno economico semplice tra 14 e 16 anni, molto più elevato dei valori riscontrati nel caso della detrazione fiscale (ricordiamo l'entità incentivi cui ci riferiamo è quella della bozza e che potrebbe essere diversa nella versione finale del decreto, ndr) .
Da sottolineare, infine, è il fatto che, anche con il vecchio Conto Termico, la situazione, se pur migliore, non è certo rosea. Con l’attuale sistema, infatti, si avrebbe un incentivo su due anni di 340 €/m2, che corrisponderebbe a 1.700 euro di contributo totale, con il risultato di un investimento netto pari a 3.300 euro e un tempo di ritorno di 13 anni.
 

Pompe di calore: prorogata per tutto il 2016 la più conveniente tariffa D1

Tratto dal sito www.qualenergia.it

La tariffa elettrica D1 per i clienti domestici che utilizzano pompe di calore elettriche come unico sistema di riscaldamento nell’abitazione di residenza verrà prorogata per tutto il 2016. La tariffa D1, in vigore dal 1 luglio 2014 (Deliberazione Aeegsi 205/2014), prevede che il prezzo di ogni kWh consumato sia costante, quindi non dipendente dai consumi totali.
Ricordiamo che l’applicazione della tariffa è volontaria, possibile sia per i contratti di mercato libero che di maggior tutela, che il contatore elettronico deve essere telegestito e, inoltre, sono richiesti i requisiti minimi prestazionali (vedi Allegato H del D.M. 19/02/2007 e Allegato II del D.M. 28/12/2012 conto termico), utili anche per accedere alla detrazione del 65%. Dovrà inoltre essere fornito il proprio consenso all’effettuazione di verifiche e controlli anche presso la propria abitazione (vedi nostro articolo con FAQ su tariffa D1).
La proroga della D1 fino al 31 dicembre 2016 rientra nell’ambito della riforma delle tariffe elettriche domestiche approvata lo scorso 2 dicembre dall’Autorità per l’Energia con delibera 582/2015. In questa delibera vengono in particolare disciplinati e approvati i seguenti aspetti:
  • il fac-simile del modulo da utilizzare per richiesta di adesione alla sperimentazione tariffaria;
  • il fac-simile dell’asseverazione, sottoscritta da un tecnico abilitato, circa la presenza presso l’abitazione del cliente, oltre alla pompa di calore elettrica, anche di un generatore di calore alternativo;
  • il fac-simile del modulo da utilizzare per rinunciare alla sperimentazione tariffaria;
  • la check-list che ogni venditore aderente utilizza per compiere una verifica preliminare di correttezza e completezza formale delle richieste di adesione, prima di procedere a trasmettere all’impresa distributrice le informazioni minime necessarie.
Aderire alla tariffa D1 (ancora definita ‘sperimentale’) non comporta costi di nessun tipo e per tutto il periodo della sua applicazione all’interno della bolletta verrà indicata semplicemente la categoria di consumo “Domestico con pompa di calore”.