domenica 12 novembre 2017

Ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione: il Consiglio di Stato sull'uso della SCIA

Tratto dal sito www.casaeclima.com

La questione all’esame della sesta sezione del Consiglio di Stato attiene alla legittimità del divieto di prosecuzione dell’attività edilizia posta in essere dalla società appellante sulla base di una segnalazione certificata di inizio attività relativa ad un intervento consistente nella demolizione e ricostruzione di un edificio.
La società appellante ha effettuato lavori di ristrutturazione in base ad un permesso di costruire del 28 dicembre 2012, n. 56, rilasciato dal Comune di Cercola. Il Comune in data 25 febbraio 2014 - a seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale della variante NTA del piano regolazione generale, con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania del 24 luglio 2013, n. 3830 – ha annullato in sede di autotutela, con atto del 25 febbraio 2014, n. 2368 il permesso di costruire precedentemente rilasciato.
Lo stesso Tribunale, con sentenza 3 giugno 2014, n. 3039, ha rigettato il ricorso avverso l’annullamento in autotutela. Il Comune ha emesso, pertanto, l’ordine di demolizione 20 gennaio 2015, n. 2.
La società ha impugnato tale ordine di demolizione e il Tribunale amministrativo, con sentenza 26 maggio 2015, n. 2910, passata in giudicato, ha accolto il ricorso.
Successivamente a quest’ultima sentenza, la ricorrente ha presentato segnalazione certificata di inizio attività 31 luglio 2015, n. 8699. Il Comune, con telegramma 4 agosto 2015, ha comunicato alla società il «provvedimento di divieto di prosecuzione di segnalato inizio attività». Con successiva nota del 9 settembre è stata comunicata alla società la richiesta all’Agenzia delle entrate di determinare il valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite.
La società ha impugnato tali atti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, che con sentenza 27 novembre 2015, n. 5492 ha rigettato il ricorso. La ricorrente in primo grado ha pertanto proposto appello presso il Consiglio di Stato, il quale, con la sentenza della sesta sezione n.4835/2017 depositata il 18 ottobre, lo ha accolto.

Palazzo Spada ricorda che “l’art. 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) prevede che sono qualificati interventi di ristrutturazione edilizia, tra gli altri, anche «gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica»”.
L’art. 10, comma 1, lettera c), dello stesso decreto “individua, in modo tassativo, quali sono gli interventi per i quali è necessario il permesso di costruire e tra essi indica soltanto «gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni».
L’art. 22, comma 1, lettera c) dispone che sono assoggettati a segnalazione certificata di inizio attività, tra l’altro, «c) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), diversi da quelli indicati nell'articolo 10, comma 1, lettera c.»”.
L’intervento in esame, osseva il Consiglio di Stato, “rientra tra quelli per i quali è sufficiente, ai sensi del citato art. 22, comma 1, lettera c), la segnalazione certificata di inizio attività. Ne consegue l’illegittimità del diniego da parte del Comune di proseguire nello svolgimento della relativa attività”.
In secondo luogo, “tale qualificazione è stata effettuata con sentenza n. 2910 del 2015, passata in giudicato, dello stesso Tribunale amministrativo. In essa si è espressamente affermato che «l’intervento di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione, senza modifica di sagoma, superficie, volume e destinazione d’uso, non richiederebbe necessariamente il permesso di costruire, ma potrebbe essere realizzato mediante dia/scia». Tale sentenza, nei suoi passaggi più rilevanti, viene richiamata nella sentenza oggetto della presente impugnazione ma essa, poi, in modo contraddittorio rispetto alla prima parte della motivazione, rigetta il ricorso, rilevando la non sufficienza della scia”.
In terzo luogo, “l’atto impugnato è privo di adeguata motivazione, in quanto il divieto imposto viene motivato in ragione della generica «mancanza di titoli autorizzativi», laddove, come sostiene correttamente l’appellante, la scia è una segnalazione sostitutiva dei titoli autorizzativi”.
Infine, “l’annullamento della variante urbanistica, che ha condotto l’amministrazione ad adottare, inizialmente, l’atto di autotutela del permesso di costruire, non incide sull’intervento in questione atteso che lo stesso, per le ragioni esposte, non ha costituito una nuova edificazione con aumento di volumetria ma un mero intervento di ristrutturazione con invarianza della volumetria pregressa”.
In definitiva, “l’atto di «divieto di prosecuzione di segnalato inizio di attività», impugnato in primo grado, deve essere annullato, il che determina la privazione di effetti, a prescindere dalla sua natura, anche della richiesta che l’amministrazione comunale ha inoltrato all’Agenzia delle entrate”.

venerdì 10 novembre 2017

Lavori edilizi 2017: quando serve CIL, CILA o SCIA (e quando nulla)

Tratto dal sito www.ediltecnico.it

In Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.128 del 5 giugno 2017 (Supplemento Ordinario n. 26) sono stati pubblicati i moduli semplificati per la presentazione delle segnalazioni, delle comunicazioni e delle istanze per edilizia e attività commerciali. 
5 maggio 2017. Raggiunto l’accordo tra il Governo, le Regioni e gli Enti locali per adottare moduli unificati e standardizzati che definiscono, per tipologia di procedimento, i contenuti tipici e la relativa organizzazione dei dati delle istanze, delle segnalazioni e delle comunicazioni in edilizia.
SCIA 2 in vigore dall’11 dicembre 2016. Negli ultimi anni le normative che regolano i permessi e le autorizzazioni per i lavori edilizi si sono accavallate più volte, fino alla più recente Riforma Madia. Una vera e propria valanga di modifiche e “semplificazioni” hanno cambiato i connotati della disciplina autorizzatoria: ciò che prima era un intervento soggetto a permesso di costruire è diventato ora un lavoro che richiede una più semplice CILA (si pensi, ad esempio, ai lavori di frazionamento e accorpamento delle unità immobiliari).
Nella Riforma Madia, la SCIA 2 introduce le principali novità. Il Decreto SCIA 2 è stato pubblicato nella Gazzetta del 26 novembre ed è entrato in vigore dall’11 dicembre 2016clicca qui per leggere il testo del decreto SCIA 2.

Analisi della SCIA

Pubblicato sulla G.U. 162 del 13 luglio 2016 il decreto legislativo 30 giugno 2016 n. 126, recante Attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), a norma dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124.
Abbiamo analizzato articolo per articolo il decreto SCIA: clicca qui per leggere l’analisi approfondita.
Il Decreto SCIA è entrato in vigore è il 28 luglio.

Decreto SCIA 2 pubblicato in Gazzetta

Il Decreto SCIA 2 è stato pubblicato nella Gazzetta del 26 novembre ed è in vigore dall’11 dicembre: clicca qui per leggere il decreto SCIA 2 e approfondire. La SCIA 2 permette di individuare più facilmente il titolo abilitativo richiesto per ogni intervento edilizio.

Serve CIL, CILA o SCIA? Scoprilo qui

Di seguito subito l’analisi di quando servono CIL, CILA, SCIA.

Lavori che richiedono SCIA edilizia

La segnalazione certificata di inizio attività è una sorta di evoluzione della CILA. In sostanza, con poche modifiche la CILA diventa una SCIA. Con la SCIA occorre l’intervento di un professionista tecnico abilitato, che certifichi la bontà del lavoro. Vanno, inoltre, indicate le seguenti informazioni: il nome dell’impresa che effettua i lavori, non è previsto il pagamento di oneri al Comune e gli interventi possono partire immediatamente (il Comune può, però, bloccare il cantiere entro 30 giorni per non conformità di natura tecnica o giuridica).
Ma quali sono i lavori che rientrano nel campo della SCIA?
I lavori realizzabili con la Scia possono iniziare il giorno stesso in cui si presenta la documentazione.
In base al decreto SCIA 2 La SCIA dovrà essere utilizzata per:
– gli interventi di manutenzione straordinaria sulle parti strutturali dell’edificio;
– interventi di restauro e di risanamento conservativo riguardanti le parti strutturali dell’edificio;
– interventi di ristrutturazione edilizia;
– le varianti a permessi di costruire che non modificano parametri urbanistici e volumetrie, destinazione d’uso, categoria edilizia e che non alterano la sagoma degli edifici vincolati;
– le varianti a permessi di costruire che non portano a una variazione essenziale, ma solo se sono conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso richiesta dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico e prescritti dalle altre normative di settore.
È possibile usare la Scia in alternativa al posto del permesso di costruire (dopo la SCIA 2, quando serve il permesso di costruire?) per i seguenti interventi:
– ristrutturazione edilizia che porti a un organismo edilizio del tutto o solo in parte diverso dal precedente e che comporti modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti;
– ristrutturazione edilizia che, solo per gli immobili nei centri storici, comporti un cambio della destinazione d’uso,
– interventi che comportino modifiche della sagoma di immobili sottoposti a vincoli;
– interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica se sono disciplinati da piani attuativi, o accordi negoziali che valgono come piano attuativo, che contengono precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive;
– interventi di nuova costruzione effettuati in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali che contengono precise disposizioni plano-volumetriche.
In questi casi, dopo la presentazione della Scia è necessario aspettare almeno 30 giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori.

Lavori che richiedono CILA edilizia

La comunicazione di inizio lavori asseverata richiede l’intervento di un professionista tecnico. I lavori edilizi possono partire subito e non sono previsti oneri da versare al Comune.
La CILA (Comunicazione di inizio lavori asseverata) verrà utilizzata per gli interventi per cui non servono SCIA o Permesso di costruire e per i casi in cui non si tratta di attività edilizia libera.
Come abbiamo visto sopra, a SCIA Segnalazione Certificata di Inizio Attività deve essere utilizzata per interventi di manutenzione straordinaria sulle parti strutturali dell’edificio; di restauro e di risanamento conservativo riguardanti le parti strutturali dell’edificio.
Il Permesso di costruire serve invece nel caso in cui si inizino opere di nuova costruzione; si facciano interventi di ristrutturazione urbanistica; per lavori di ristrutturazione edilizia che porti un edificio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Lavori edilizi con CIL
Con la SCIA 2, scompare quasi del tutto la CIL. C’è un “residuo”: le opere che soddisfano esigenze contingenti e temporanee, e che vengono rimosse al massimo entro novanta giorni dalla fine della necessità, diventano edilizia libera ma conservano un obbligo di comunicazione inizio lavori (una sorta di CIL).

Lavori edilizi liberi

Non serve alcun permesso né comunicazione per tutti quegli interventi di manutenzione ordinaria comprese le tinteggiature interne, il rifacimento di pavimenti e rivestimenti interni, la sostituzione di porte e di impianti, purché senza innovazione.
Non servirà più nessuna comunicazione, permesso o segnalazione, e quindi sono attività edilizia libera, per i seguenti interventi:
– opere di pavimentazione e finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, comprese le intercapedini interrate e non accessibili, le vasche di raccolta delle acque, i locali tombati;
– installazione di pannelli solari e fotovoltaici per gli edifici, al fuori dei centri storici;
– aree ludiche senza fini di lucro;
– elementi di arredo delle aree pertinenziali;
– gli interventi di manutenzione ordinaria;
– gli interventi di installazione delle pompe di calore aria-aria di potenza termica utile nominale inferiore a 12 Kw;
– gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di ascensori esterni o di manufatti che alterano la sagoma dell’edificio;
– le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico (tranne le attività di ricerca di idrocarburi) eseguite in aree esterne al centro edificato;
– i movimenti di terra  pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, anche gli interventi su impianti idraulici agrari;
– le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola;
– le opere che soddisfano esigenze contingenti e temporanee, e che vengono rimosse al massimo entro novanta giorni dalla fine della necessità, diventano edilizia libera ma conservano un obbligo di comunicazione inizio lavori (una sorta di Cil).

Lavori edilizi e bonus ristrutturazioni

Concludiamo questo post con un’ultima nota di chiarimento, legata ai lavori edilizi che rientrano o meno nel bonus ristrutturazione con la detrazione del 50% delle spese effettuate.
I lavori di edilizia libera, cioè quelli di manutenzione ordinaria, non rientrano nei bonus fiscali. Sono invece compresi nelle agevolazioni i lavori che richiedono la comunicazione di inizio lavori e quella di inizio lavori asseverata.

Super-DIA

La Super-Dia, con il decreto SCIA 2, scompare del tutto.

Manovra 2018: proroga di un anno per il bonus mobili ed elettrodomestici


C'è anche la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2018, del bonus mobili ed elettrodomestici nell'ultima bozza – forse quella definitiva – del disegno di legge della Manovra 2018 che tra domani e giovedì dovrebbe arrivare in Parlamento.
Ricordiamo che ai contribuenti che fruiscono della detrazione prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio (articolo 16-bis, Tuir), limitatamente agli interventi iniziati a decorrere dal 1º gennaio 2016, spetta anche una detrazione dall’imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, per le ulteriori spese documentate sostenute nel 2017 per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, nonché A per i forni, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di recupero (articolo 16, comma 2, Dl 63/2013).

La detrazione, inizialmente riferita alle spese sostenute dal 6 giugno al 31 dicembre 2013, è stata da ultimo prorogata al 31 dicembre 2017 dalla legge 232/2016 – legge di bilancio 2017 - che, per il 2017, ha limitato il beneficio agli acquisti di mobili e grandi elettrodomestici effettuati in connessione con lavori di recupero del patrimonio edilizio eseguiti nel 2016 e nel 2017.
PROROGA SENZA RITOCCHI. Il Ddl della legge di bilancio 2018 conferma per un altro anno il bonus mobili ed elettrodomestici del 50% senza ritoccarlo: indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione, la detrazione del 50% continuerà ad essere calcolata su un importo massimo di 10.000 euro, riferito, complessivamente, alle spese sostenute per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici. La ripartizione tra gli aventi diritto del bonus è sempre in dieci quote annuali di pari importo.