venerdì 30 settembre 2016

Agevolazioni prima casa e immobili di lusso, chiarimenti sul requisito della superficie (240 m²)

Tratto dal sito www.biblus.acca.it

Agevolazioni prima casa: la Cassazione considera anche il seminterrato nel computo della superficie utile (240 m²) per l’individuazione degli immobili di lusso

Un contribuente aveva usufruito delle agevolazioni edilizie previste per l’acquisto della prima casa. L’Agenzia delle Entrate disponeva il recupero d’imposta, ritenendo che avesse usufruito indebitamente dell’agevolazione, in quanto l’immobile da lui acquistato doveva essere considerato di lusso perché avente superficie utile superiore a 240 m².
Il contribuente proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia che lo respingeva.
La Commissione Tributaria Regionale, successivamente, accoglieva l’appello ritenendo che nel computo della superficie totale dell’immobile dovessero essere esclusi i locali non abitabili al piano interrato.

Agevolazioni prima casa e immobili di lusso, la sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione con la sentenza 18481/2016 si esprime sul ricorso presentato dalle Agenzie delle Entrate contro la decisione della CTR.
Ricordiamo innanzitutto che uno dei requisiti per usufruire dell’agevolazione prima casa è che l’immobile non deve presentare caratteristiche di lusso (dm 2 agosto 1969).
In particolare ai sensi dell’art.6 del dm 2 agosto 1969, nel computo dei 240 m² di superficie utile prevista bisogna escludere, i seguenti locali:
  • cantine
  • soffitte
  • terrazzi
  • balconi
  • scale
  • posti macchina
Nel caso in esame la Cassazione, richiamando la sentenza n.10807/2012, ritiene che i locali in questione al piano interrato non rientrano nelle tipologie sopra indicate e che quindi siano computabili ai fini della superficie utile complessiva.
In riferimento alla utilizzabilità della superficie, la Corte fa riferimento ad un’altra sentenza della Cassazione (n. 25674/2013). Per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dalle agevolazioni prima casa, costituisce parametro idoneo il requisito dell’utilizzabilità degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, la quale, al contrario, risulta irrilevante nel calcolo della superficie utile.
Per questi motivi la Cassazione accoglie il ricorso dell’Agenzia dell’Entrate, considerando i locali al piano interrato utilizzabili. Il seminterrato è quindi da inserire nel calcolo della superficie utile per la valutazione degli immobili di lusso.
In definitiva, dopo il nuovo computo, la superficie utile dell’abitazione risulta superiore a 240 m² . Il contribuente ha, dunque, usufruito indebitamente delle agevolazioni edilizie previste per l’acquisto della prima casa.

Agevolazioni prima casa dopo il dlgs 175/2014

Nella sentenza appena analizzata, l’agevolazione prima casa era subordinata, tra le varie cose, al requisito di “abitazione di lusso”. Dal 2014 non si fa più riferimento alla dm del 69 per le agevolazioni, ma alla categoria catastale.
L’art. 33 del dlgs 175/2014 ha modificato i criteri per individuare gli immobili per i quali è possibile usufruire dell’agevolazione prima casa ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imposta di registro.
In particolare sono esclusi dalle agevolazioni gli immobili (anche in corso di costruzione) classificati o classificabili nelle categorie catastali diverse dalle seguenti:
  • cat. A/1 (abitazioni di tipo signorile)
  • cat. A/8 (abitazioni in ville)
  • cat. A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici)
L’applicazione delle agevolazioni prima casa è, dunque, vincolata alla categoria catastale dell’immobile. Non assumono più alcun rilievo, ai fini dell’individuazione delle case di abitazione oggetto dell’agevolazione, le caratteristiche previste dal decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969, che contraddistinguevano gli immobili di lusso.

Scadenza permesso di costruire, SCIA, DIA, CILA: quando è possibile ottenere una proroga?

Tratto dal sito www.biblus.acca.it

Scadenza permesso di costruire, SCIA, DIA, CILA, quando si può chiedere la proroga. La proroga straordinaria prevista dal decreto del Fare

Il regime dei titoli abilitativi edilizi necessari per la realizzazione di nuove costruzioni o per eseguire interventi sugli immobili esistenti (permesso di costruire, SCIA, DIA, CIL e CILA) è definito a livello nazionale dal dpr 380/2001 (testo unico edilizia).
I titoli abilitativi, permesso di costruire, DIA, SCIA, CIL e CILA, hanno una durata limitata nel tempo.
Tuttavia, esistono casi in un cui è possibile chiedere una proroga per l’inizio o l’ultimazione dei lavori.

Durata e proroga dei titoli abilitativi: il quadro normativo nazionale

Di seguito analizziamo la durata e la possibilità di proroga per i diversi titoli abilitativi previsti dal testo unico.

Permesso di costruire, scadenze e proroghe

L’art. 15 del dpr 380/2001 disciplina l’efficacia temporale e la decadenza del permesso di costruire; il comma 2 indica i termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori:
  • inizio lavorientro 1 anno dal rilascio del titolo
  • fine lavorientro 3 anni dall’inizio dei lavori
  • proroga: è prevista la possibilità di richiedere una proroga. La richiesta deve avvenire anteriormente alla scadenza dei termini di inizio e fine lavori.
La proroga deve essere concessa necessariamente qualora i lavori non possono essere iniziati o conclusi per iniziative dell’amministrazione o per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso, quali:
  • mole dell’opera da realizzare
  • particolari caratteristiche tecnico-costruttive dell’opera
  • difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori
  • finanziamenti di opere pubbliche previsti per più esercizi finanziari
In tutti gli altri casi la proroga è discrezionale, ossia deve essere valutata caso per caso dall’amministrazione comunale e concessa con provvedimento motivato.

DIA, scadenze e proroghe

In merito alla DIA (Denuncia di inizio attività), l’art. 23 del dpr 380/2001 stabilisce i seguenti termini:
  • inizio lavori: entro 30 giorni dalla presentazione della DIA
  • fine lavori: efficacia di 3 anni dall’inizio dei lavori
  • proroga: in caso di omessa conclusione dei lavori oggetto della DIA, la parte di intervento non ultimata è soggetta a una nuova denuncia (art. 23 comma 2).

SCIA, scadenze e proroghe

Ai sensi dell’art. 19 della legge 241/90 e 22/23 bis del dpr 380/2001, la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) ha la seguente durata:
  • inizio lavori: immediatamente dopo la presentazione della SCIA o successivamente all’acquisizione dei relativi atti di assenso e pareri
  • fine lavori: non è espressamente specificato il termine (né dal testo unico né dalla legge 241/90). Tuttavia, avendo la SCIA sostituito la DIA, si fa genericamente riferimento al relativo termine di efficacia pari a 3 anni
  • proroga: non è possibile richiedere una proroga. La realizzazione della parte non ultimata di intervento è subordinata a nuova SCIA
CIL/CILA: inizio e fine
La durata dei termini nel caso di comunicazione inizio lavori (CIL) e comunicazione inizio lavori asseverata (CILA) è stabilita dagli artt. 6 e 23 bis del dpr 380/2001:
  • inizio lavoriimmediatamente dopo la presentazione della CILA o CIL o successivamente all’acquisizione dei relativi atti di assenso e pareri
  • fine lavori: non è fissato a livello nazionale un termine di legge per CIL e CILA
  • proroga: non è prevista a livello nazionale, non essendo prevista la scadenza

La proroga straordinaria prevista dal decreto del Fare

L’art. 30 della la legge 98/2013, di conversione del dl 69/2013 (decreto del Fare), ha introdotto alcune misure per fronteggiare la crisi nel settore delle costruzioni.
In particolare, è stata prevista:
  • una proroga di 2 anni dei termini di inizio e fine lavori dei titoli abilitativi rilasciati o comunque formatisi prima del 22 giugno 2013 (entrata in vigore del dlgs 69/2013)
  • una proroga di 3 anni per le convenzioni di lottizzazione
Entrambe le proroghe sono applicabili dal 21 agosto 2013 (entrata in vigore della legge 98/2013).
Si tratta di una proroga straordinaria che si differenzia dalla cosiddetta proroga ordinaria prevista all’art. 15 del dpr 380/2001.
Diversamente da quanto previsto in via ordinaria l’interessato non dovrà presentare nessuna richiesta né specificare alcuna motivazione; non dovrà neanche attendere un provvedimento di concessione. La richiesta di proroga non è soggetta ad una valutazione discrezionale dell’amministrazione comunale ma opera di diritto e in via automatica.
Solo nel caso della proroga di 2 anni è richiesto che:
  • venga inoltrata una mera comunicazione con la quale l’interessato informi l’amministrazione comunale della volontà di usufruire della proroga
  • i termini di inizio/ultimazione non devono essere ancora decorsi al momento della comunicazione
  • i titoli abilitativi non devono risultare in contrasto con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati
Inoltre, nel decreto (comma 4 art. 30) viene specificato che la proroga, come introdotta dal decreto, si applica anche alle denunce di inizio attività e alle segnalazioni certificate di inizio attività.

Titoli abilitativi, il quadro normativo regionale

La proroga straordinaria dei termini di inizio e fine lavori prevista dal decreto del Fare ha ormai quasi esaurito la sua efficacia.
Alcune Regioni hanno introdotto normative autonome, più ampie rispetto a quella statale; sono previsti termini più lunghi per la durata o condizioni più favorevoli per l’ottenimento della proroga (ad esempio in Emilia Romagna, Sicilia, Umbria…).
Inoltre, in alcune Regioni è possibile richiedere la proroga anche per la DIA e la SCIA.

venerdì 16 settembre 2016

Come scegliere la caldaia giusta?

Tratto dal sito www.preventivi.it

L’estate sta finendo e la prima aria fresca inizia a farsi sentire. E’ tempo di pensare, come ogni anno in questo periodo, a rimettere in moto l’impianto di riscaldamento. Il cuore dell’impianto è la caldaia e proprio da qui bisogna partire per una totale efficienza tale da garantirci il giusto comfort abitativo, risparmio energetico, bollette meno salate e rispetto dell’ambiente. In Italia la maggioranza delle caldaie installate sono a gas, perché più economiche anche se molte sono ormai obsolete e meriterebbero una sostituzione.

Come scegliere quella giusta?

Scegliere la caldaia giusta per la propria casa non è semplice perché bisogna valutare un insieme di fattori, primo fra tutti il fabbisogno di calore che deve tener conto dei materiali utilizzati e del grado di isolamento termico dell’abitazione (infissi, pannelli isolanti, cappotto termico, etc.). Nel nostro Paese i tre quarti degli edifici residenziali hanno più di 35 anni e non hanno subìto interventi di adeguamento energetico, perdendo anche il loro valore economico. Il nostro consiglio è quello di rivolgersi ad un tecnico specializzato che possa consigliare la soluzione migliore personalizzata per ciascuna situazione, evitando di sovrastimare o sottostimare l’impianto.

La caldaia a condensazione 

La caldaia a condensazione è l’ultima soluzione sul mercato del riscaldamento domestico a gas e rappresenta un salto di qualità rispetto ai modelli tradizionali, in termini di efficienza e risparmio energetico ed economico. Sono diversi i buoni motivi per scegliere una caldaia a condensazione. Come funziona? 
La tecnologia delle caldaie a condensazione consente, al contrario di quelle tradizionali, di raffreddare i fumi fino a farli tornare allo stato di liquido saturo, con un recupero di calore utilizzabile per preriscaldare l’acqua di ritorno dall’impianto. La differenza di rendimento tra le caldaie a condensazione e le caldaie “tradizionali” emerge anche nel contenimento delle perdite stesse attraverso i fumi, grazie a temperature di combustione decisamente inferiori. In genere il costo iniziale è superiore rispetto ad una caldaia tradizionale anche se recuperabile attraverso il risparmio energetico che ne consegue.

La caldaia a condensazione è ecologica


La caldaia a condensazione ha basse emissioni inquinanti grazie a un bruciatorea premiscelazione che permette di ridurre fino al 70% l’emissione di sostanze nocive, rispetto ai modelli di caldaia tradizionale. Inoltre grazie alla bassa temperatura dei fumi residui è possibile l’utilizzo di canne fumarie in PVC o in materiali comunque meno resistenti al calore. Le caldaie a condensazione possono essere combinate con impianti a energia solare. Da questa combinazione si possono ottenere considerevoli risparmi anche del 50/60% rispetto ai consumi di un impianto tradizionale. Sono stati stimati i risparmi che si possono ottenere in una situazione familiare tipo, come un alloggio di 100 mq. con basso isolamento termico, passando da una caldaia tradizionale a una a condensazione. Con un impianto di riscaldamento tradizionale, con i radiatori, si potrebbero risparmiare circa 122 euro all’anno, mentre con il radiante a pavimento anche 260 euro che moltiplicati nel tempo rappresentano sicuramente una cifra molto interessante. Questo perché, a parità di resa termica, la caldaia a condensazione consuma meno combustibile. La caldaia a condensazione garantisce un notevole risparmio energetico, ma per restare altamente performante ha bisogno di manutenzione costante.

La caldaia a condensazione: quando conviene

La caldaia a condensazione è adatta a tutti? Non sempre. E’ particolarmente indicata in caso di superfici ampie perché necessitando di maggiore combustibile per il riscaldamento, questa tipologia di caldaia assicura un risparmio notevole rispetto alla caldaia tradizionale. Inoltre rappresenta la scelta migliore per l’utilizzo quotidiano e per riscaldare l’abitazione nella quale trascorriamo la maggior parte del tempo perché raggiunge la sua massima efficienza con un utilizzo prolungato. Non è adatta ad utilizzi saltuari. La caldaia a condensazione ha un alto rendimento a temperature molto basse e diventa molto efficientese abbinata a sistemi di riscaldamento a pannelli radianti, a pavimento o a parete all’interno di edifici con un buon isolamento termico.

Le detrazioni fiscali

La nuova Legge di Stabilità ha prorogato fino al 31 dicembre 2016 l’Ecobonus per gli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche della propria abitazione che consente, in caso di sostituzione, di beneficiare della detrazione del 65% dell’importo di acquisto, dei costi di installazione e delle eventuali spese di progettazione. Inoltre con la circolare n. 3/E, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la “sostituzione della caldaia” è qualificabile come intervento di “manutenzione straordinaria” perché rivolto alla sostituzione di una componente essenziale dell’impianto di riscaldamento con altro modello più efficiente, consentendo l’accesso al Bonus mobili. Il Bonus Mobili, anch’esso prorogato al 31/12/2016, prevede una detrazione fiscale del 50% per le spese sostenute per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici di classe A, destinati ad arredare l’unità immobiliare oggetto di ristrutturazione o le parti comuni del condominio, fino a una spesa massima di 10mila euro. 
Quale occasione migliore per investire in risparmio energeticovalorizzare il proprio immobile e non per ultimo, rispettarel’ambiente?

domenica 11 settembre 2016

Interventi su costruzioni esistenti: la differenza tra adeguamento e miglioramento sismico

Tratto dal sito www.biblus.acca.it

Interventi su costruzioni esistenti: quando sono necessari e come classificarli. La differenza tra adeguamento e miglioramento sismico secondo le NTC 2008 e la bozza delle NTC 2016

In questo articolo analizziamo i possibili interventi su costruzioni esistenti, con particolare attenzione alle indicazioni normative (NTC 2008).
Inoltre cercheremo di capire quali sono le novità apportate nella bozza in revisione per le nuove NTC 2016.

Definizione di costruzione esistente

Secondo il DM 14 gennaio 2018 (NTC 2008, Capitolo 8) è definita costruzione esistente quella che abbia, alla data della redazione della valutazione di sicurezza e/o del progetto di intervento, la struttura completamente realizzata.
La circolare esplicativa 617 del 2009 aggiunge: “Per costruzione di c.a. e di acciaio con struttura completamente realizzata si intende quella per cui […] sia stata redatta la relazione a struttura ultimata ai sensi dell’art. 65 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. Per edifici in muratura con struttura completamente realizzata si intende quella per cui […] sia stato redatto il certificato di collaudo statico ai sensi del Cap.4 del D.M. 20 novembre 1987 o ai sensi delle NTC”.

Interventi sulle costruzioni esistenti: quando sono necessari

Secondo le NTC 2008, la valutazione della sicurezza e la progettazione degli interventi sulle costruzioni esistenti possono essere eseguiti con riferimento ai soli SLU (condizione di stato limite ultimo); nel caso in cui si effettui la verifica anche nei confronti degli SLE (Stati limite di esercizio), i relativi livelli di prestazione possono essere stabiliti dal Progettista di concerto con il Committente.
La valutazione della sicurezza e la progettazione degli interventi sulle costruzioni esistenti potranno essere eseguiti con riferimento ai soli SLU e possono essere eseguite in alternativa rispetto alle seguenti condizioni:
  • condizione di salvaguardia della vita umana (SLV)
  • condizione di collasso (SLC)
Le costruzioni esistenti devono essere sottoposte ad una valutazione della sicurezza, anche nel caso si verifichi una delle seguenti situazioni:
  • riduzione evidente della capacità resistente e/o deformativa della struttura o di alcune sue parti dovuta ad azioni ambientali (sisma, vento, neve e temperatura)
  • significativo degrado e decadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali
  • presenza di azioni eccezionali (urti, incendi, esplosioni)
  • situazioni di funzionamento ed uso anomalo
  • deformazioni significative imposte da cedimenti del terreno di fondazione
  • provati gravi errori di progetto o di costruzione
  • cambio di destinazione d’uso della costruzione o di parti di essa, con variazione significativa dei carichi variabili e/o della classe d’uso della costruzione
  • interventi non dichiaratamente strutturali, qualora essi interagiscano, anche solo in parte, con elementi aventi funzione strutturale e, in modo consistente, ne riducano la capacità o ne modifichino la rigidezza
In particolare, la valutazione della sicurezza deve permettere di stabilire se:
  • l’uso della costruzione possa continuare senza interventi
  • l’uso della costruzione debba essere modificato con eventuale declassamento, cambio di destinazione e/o imposizione di limitazioni o cautele nell’uso
  • sia necessario procedere ad aumentare o ripristinare la capacità portante
La valutazione della sicurezza dovrà effettuarsi ogni qual volta si eseguano gli interventi strutturali (punto 8.4 NTC 2008) e dovrà determinare il livello di sicurezza prima e dopo l’intervento.
Il Progettista dovrà esplicitare in un’apposita relazione i livelli di sicurezza attuali o raggiunti con l’intervento e le eventuali conseguenti limitazioni nell’uso della costruzione.

Interventi sulle costruzioni esistenti, classificazione (adeguamento, miglioramento, interventi locali)

La normativa definisce varie categorie di intervento sulle strutture esistenti.
In particolare si individuano:
  • interventi di adeguamento sismico: sono particolari interventi atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalle stesse norme tecniche. Si tratta, spesso, di interventi molto onerosi sia dal punto di vista tecnico che economico
  • interventi di miglioramento sismico: sono interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente, pur senza necessariamente raggiungere i livelli richiesti dalla norma. Sono realizzabili in maniera più semplice rispetto a quelli di adeguamento
  • riparazioni o interventi locali che interessino elementi isolati e che comunque comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti
Da notare che gli interventi di adeguamento e miglioramento sismico devono essere sottoposti a collaudo statico.

Interventi sulle costruzioni esistenti, interventi di adeguamento sismico

L’adeguamento sismico della costruzione, è obbligatorio per chiunque intenda:
  •  sopraelevare la costruzione
  • ampliare la costruzione mediante opere strutturalmente connesse alla costruzione
  • apportare variazioni di classe e/o di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali in fondazione superiori al 10%. Resta comunque fermo l’obbligo di procedere alla verifica locale delle singole parti e/o elementi della struttura, anche se interessano porzioni limitate della costruzione
  • effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente
In ogni caso, il progetto dovrà essere riferito all’intera costruzione e dovrà riportare le verifiche dell’intera struttura post-intervento.

Interventi sulle costruzioni esistenti, interventi di miglioramento sismico

Rientrano nella categoria di miglioramento sismico tutti gli interventi che siano comunque finalizzati ad accrescere la capacità di resistenza delle strutture esistenti alle azioni considerate.
È possibile eseguire interventi di miglioramento sismico nei casi in cui non ricorrano le condizioni specificate per l’adeguamento.
Il progetto e la valutazione della sicurezza dovranno essere estesi a tutte le parti della struttura potenzialmente interessate da modifiche di comportamento, nonché alla struttura nel suo insieme.

Interventi sulle costruzioni esistenti, riparazione o interventi locali

In generale, gli interventi di questo tipo riguardano singole parti della struttura e interesseranno porzioni limitate della costruzione.
Il progetto e la valutazione della sicurezza potranno essere riferiti alle sole parti interessate e documentare che, rispetto alla configurazione precedente al danno, al degrado o alla variante.

Interventi di adeguamento e miglioramento sismico, cosa prevedono le nuove NTC 2016

NOTA del 9 settembre 2016: è stata diffusa la bozza delle NTC 2016 del 9 settembre 2016. Il nuovo testo prevede alcune modifiche anche per gli interventi su edifici esistenti (miglioramento e adeguamento); in particolare non è più previsto il ζE≥0,1, per le costruzioni di classe II e III per gli interventi di miglioramento e ζE≥1, e ζE≥0,8 in caso di adeguamento. Nei prossimi giorni pubblicheremo un apposito articolo. 
Nella bozza del testo relativa alle nuove norme tecniche per le costruzioni, vengono introdotti dei coefficienti ζE, attraverso cui è possibile definire il livello di sicurezza della struttura, individuato dal rapporto tra:
  • il valore dell’azione sismica massima sopportabile dalla struttura
  • l’azione sismica massima che si utilizzerebbe nel progetto di nuova costruzione

Adeguamento sismico secondo le NTC 2016

L’adeguamento della costruzione è obbligatorio (come per le NTC 2008) per chiunque intenda:
  1. sopraelevare la costruzione
  2. ampliare la costruzione mediante opere strutturalmente connesse alla costruzione
  3. apportare variazioni di classe e/o di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali in fondazione superiori al 10%; resta comunque fermo l’obbligo di procedere alla verifica locale delle singole parti e/o elementi della struttura, anche se interessano porzioni limitate della costruzione
  4. effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente
Nel caso di adeguamento sismico il coefficiente ζE, dipende dalla tipologia di intervento:
  • ζE=1, per interventi relativi alle lettere a., b. e d.
  • ζE=0,8, per interventi alla lettera c.
Si ha dunque uno sconto del 20% per gli interventi che comportino variazioni di classe o destinazione d’uso.

Miglioramento sismico secondo le NTC 2016

Nel caso di miglioramento sismico il coefficienti ξE, può essere minore di 1, in particolare:
  • ζE≥0,4, per le costruzioni di classe IV
  • ζE≥0,1, per le costruzioni di classe II e III
  • ζE=1, per interventi che impiegano sistemi di isolamento
Ricordiamo che le costruzioni sono suddivise in classi d’uso così definite:
  • Classe I: Costruzioni con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli
  • Classe II: Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie con attività non pericolose per l’ambiente. Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe d’uso III o in Classe d’uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza. Dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti
  • Classe III: Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi. Industrie con attività pericolose per l’ambiente. Reti viarie extraurbane non ricadenti in Classe d’uso IV. Ponti e reti ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza. Dighe rilevanti per le conseguenze di un loro eventuale collasso
  • Classe IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità. Industrie con attività particolarmente pericolose per l’ambiente. Reti viarie di tipo A o B, di cui al Dm n. 6792/2001, e di tipo C quando appartenenti ad itinerari di collegamento tra capoluoghi di provincia non altresì serviti da strade di tipo A o B. Ponti e reti ferroviarie di importanza critica per il mantenimento delle vie di comunicazione, particolarmente dopo un evento sismico. Dighe connesse al funzionamento di acquedotti e a impianti di produzione di energia elettrica