domenica 26 marzo 2017

Per realizzare un gazebo stagionale è necessario il permesso di costruire?

Tratto dal sito www.biblus.acca.it

Per realizzare un gazebo stagionale serve il permesso di costruire, in quanto si classifica come opera non precaria. Ecco i chiarimenti del Tar Calabria

La realizzazione del gazebo stagionale per attività commerciale richiede il permesso di costruire in quanto si classifica come un’opera non precaria.
A chiarirlo è la sentenza 409/2017 del Tar Calabria.
Nel caso in esame, il Comune rigetta la richiesta per autorizzare l’installazione stagionale di un gazebo rimovibile di 110 m² con telo plastificato; nonostante il diniego, il montaggio del gazebo viene ugualmente effettuato.
Il Comune dispone l’ordinanza di demolizione del gazebo stagionale realizzato abusivamente, ossia in assenza della prescritta autorizzazione edilizia.
Il proprietario presenta ricorso al Tar che lo respinge: i gazebi stagionali non sono opere precarie, serve quindi il permesso di costruire.

Gazebo non precario e permesso di costruire

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la realizzazione del gazebo necessita del permesso di costruire nel caso in cui abbia una finalità non transitoria. Il gazebo non precario è destinato a soddisfare esigenze durature nel tempo, rafforzate dal carattere permanente e non stagionale dell’attività svolta.
L’utilizzo di materiali leggeri e l’assenza di opere murarie non rileva la precarietà strutturale del manufatto, ossia la rimovibilità della struttura, essendo a tutti gli effetti un’opera che altera lo stato dei luoghi, con incremento del carico urbanistico.
Solo il gazebo precario non richiede il permesso di costruire.
Riguardo al gazebo in questione, esso si caratterizza come opera non precaria, destinata ad un utilizzo reiterato nel tempo in quanto stagionale.
Al riguardo i giudici calabresi hanno ribadito che è la precarietà dell’opera ad esonerare dall’obbligo del possesso del permesso di costruire e non la sua stagionalità.
La stagionalità, infatti, non esclude la destinazione del gazebo al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo.
Pertanto, il gazebo stagionale si caratterizza come nuova costruzione e serve il permesso di costruire per la sua realizzazione.

Calcestruzzo armato: composizione e caratteristiche

Tratto dal sito www.biblus.acca.it

Calcestruzzo armato: ecco un approfondimento sulle specifiche, la composizione e le caratteristiche del cemento armato

Il calcestruzzo armato (denominato anche conglomerato cementizio armato o cemento armato) è un materiale da costruzione, costituito da:
  • calcestruzzo: materiale con una notevole resistenza alla compressione, ma con scarsa resistenza alla trazione
  • acciaio: materiale dotato di un’ottima resistenza a trazione
Il cemento armato può essere realizzato in cantiere o in stabilimento.
Il calcestruzzo gettato in opera è sicuramente più usato; risulta più performante nelle unioni travi/pilastro ed è più vantaggioso da un punto di vista economico, ma le prestazioni possono essere influenzate dall’incertezza delle condizioni climatiche.
La produzione in stabilimento permette invece di ovviare al problema delle eventuali avverse condizioni climatiche e consente un miglior controllo sulla qualità del calcestruzzo. Un esempio di calcestruzzo prodotto in stabilimento è il calcestruzzo armato precompresso.

Il calcestruzzo

La composizione di un aggregato di inerti (sabbia, ghiaia o pietrisco), legati tra loro dalla pasta di cemento (cemento e acqua) dà luogo ad un conglomerato lapideo artificiale chiamato calcestruzzo.
Il calcestruzzo si ottiene mescolando nelle opportune proporzioni i seguenti componenti:
  • acqua
  • cemento
  • elementi lapidei (aggregati)
  • additivi chimici (fluidificanti, superfluidificanti, pozzolane artificiali – loppa d’altoforno, ceneri volanti, fumo di silice)
L’impasto ottenuto si presenta inizialmente allo stato fluido; lentamente avvengono una serie di fenomeni di presa e indurimento che consentono alla miscela di sviluppare considerevoli caratteristiche meccaniche.

Tipi di cemento e caratteristiche

I cementi sono particolari miscele composte da:
  • silice (SiO2): 20-24%
  • allumina e ossidi di ferro (Al2O3 + Fe2O3): 7-11%
  • ossido di Calcio (CaO): 63-67%
  • gesso: <3% (generalmente il gesso viene inserito prima della macinazione per ritardare la presa)
I cementi possono essere di vario tipo.
Cementi naturali o Portland: sono quelli ottenuti direttamente dalla cottura di marne, con piccola aggiunta di gesso per regolare il processo di idratazione e successiva macinazione. Sono ottime marne da cemento quelle che hanno composizione chimica con il 78% di carbonato di calcio e il 22% di sostanze argillose. Le marne vengono macinate finemente, stagionate e cotte. Il prodotto che fuoriesce dal forno di cottura si presenta granelli di colore scuro ed è detto clinker. Il clinker viene macinato e poi polverizzato finemente attraverso sfere di acciaio.
Cementi artificiali: sono tutti quei leganti idraulici ottenuti con miscele di sostanze di diversa provenienza:
  • cemento pozzolanico, ottenuto dalla miscelazione di clinker di cemento Portland con pozzolana (roccia vulcanica), in grado di fornire al prodotto particolare resistenza alle azioni di acque salmastre
  • cemento d’alto forno: ottenuto dalla miscelazione di clinker di cemento Portland con loppe basiche granulate (sottoprodotto della siderurgia), in grado di garantire un elevato valore idraulico
Cementi speciali: sono quei cementi la cui composizione chimica non è caratterizzata dalla predominanza del calcare, ma risultante da miscele di particolari composti o da elevate temperature di cottura o dall’uso di additivi specifici. Possono essere:
  • cementi bianchi, caratterizzati dalla purezza delle materie di origine (caolino) con limitazione degli ossidi di ferro. Per la cottura si utilizzano combustibili privi di ceneri residue per lasciarne inalterato il colore
  • cementi colorati: si ottengono aggiungendo pigmenti inorganici colorati al cemento bianco
  • cementi alluminosi: conosciuti anche come fusi in quanto ottenuti dalla cottura a 1400-1600° C (sino alla fusione) di una miscela di bauxite e calcare
  • cemento ferrico: si ottiene dal cemento Portland normale con l’aggiunta di una piccola percentuale di cenere di pirite (ossido di ferro)
  • cemento ad indurimento extrarapido: l’accelerazione del processo di indurimento si ottiene aggiungendo al Portland macinato molto finemente una percentuale del 2% di cloruro di calcio
Il cemento in polvere impastato con acqua offre un’ottima resistenza alla compressione (anche senza presenza di sabbia) ed il fenomeno di presa ha luogo sia all’aria che in presenza di acqua.
La norma europea EN 197/1 definisce il cemento come un legante idraulico, cioè un materiale inorganico finemente macinato che, mescolato con acqua, forma una pasta che rapprende ed indurisce in seguito a reazioni e processi di idratazione e che, una volta indurita, mantiene la sua resistenza e la sua stabilità anche in acqua.
Il cemento si trova in commercio con diverse denominazioni, e le diverse qualità dipendono dalla dosatura della miscela di calcare e di argilla, dalla temperatura e durata della cottura, dalla macinazione, dalla stagionatura.
Il cemento conforme alla norma è indicato dalla sigla CEM.
La norma EN/197-1 divide i cementi comuni in 5 tipi differenti:
  1. CEM I Cemento Portland
  2. CEM II Cemento Portland composito
  3. CEM III Cemento d’altoforno
  4. CEM IV Cemento pozzolanico
  5. CEM V Cemento composito
Cementi Tipo I (CEM I)
I cementi Tipo I (CEM I) “Cementi Portland” sono costituiti almeno per il 95% da clinker e in misura variabile da 0 a 5% da costituenti minori. Sono generalmente utilizzati nella prefabbricazione di calcestruzzi armati semplici e precompressi.
Cementi Tipo II (CEM II)
I cementi Tipo II (CEM II) “Cementi Portland Compositi”, hanno come costituenti principali oltre al clinker, presente in percentuale variabile dal 65 al 94%, le loppe granulate d’altoforno, la silica fume, le pozzolane, le ceneri volanti, scisti calcinati e calcare. Hanno proprietà molto simili a quelle dei CEM I che li rendono idonei ai più comuni impieghi nella realizzazione di calcestruzzi armati normali e precompressi, di elementi prefabbricati.
Cementi Tipo III (CEM III)
I cementi Tipo III (CEM III) “Cementi d’altoforno”, sono costituiti da clinker fino al 64%, e loppa granulata basica d’alto forno. Questo tipo è articolato in tre sottotipi con contenuti di loppa variabile dal 36% al 95%. Rispetto al cemento Portland, i CEM III sono principalmente indicati nelle situazioni in cui il calcestruzzo è soggetto ad ambienti chimicamente aggressivi e per la realizzazione di opere di grosse dimensioni.
Cementi tipo IV (CEM IV)
I cementi Tipo IV (CEM IV) “Cementi pozzolanici”, sono costituiti da clinker tra il 45 e 89%, e materiale pozzolanico naturale o artificiale. In base alla percentuale di materiale pozzolanico, variabile dal 11% al 55%, sono articolati in due sottotipi. Il termine “pozzolana” deriva dal nome da Pozzuoli, località della Campania dove si estraeva il materiale, destinato, fin dall’antichità, alla produzione malte idrauliche. Presentano un’elevata resistenza all’attacco chimico.
Cementi Tipo V (CEM V)
I cementi Tipo V (CEM V) “Cementi Compositi” sono costituiti da una miscela di clinker, loppa d’altoforno e pozzolana e sono adatti a realizzare calcestruzzi esposti ad ambienti mediamente aggressivi quali acqua di mare, acque acide, terreni solfatici, ecc.

Gli inerti

Gli inerti per il calcestruzzo, naturali o di frantumazione, devono essere costituiti da elementi non gelivi, privi di parti friabili, polverulente, terrose e di sostanze comunque nocive all’indurimento del conglomerato ed alla conservazione delle armature.
Queste caratteristiche devono essere continuamente controllate durante l’esecuzione dell’opera.
Per inerti si intende:
  • sabbia, utilizzata per la realizzazione di malte
  • pietrisco, ricavato dalla frantumazione di roccia, deve essere lavato per eliminare i residui di polvere propri della lavorazione
  • ghiaia,  di formazione naturale non particolarmente indicata per la forte disomogeneità dei singoli elementi dal punto di vista chimico (presenza di elementi poco resistenti come le arenarie), per la forma spesso troppo appiattita appiattita e per la presenza presenza di elementi organici che ne diminuiscono la resistenza
Per un buon calcestruzzo non è sufficiente che gli inerti siano omogenei, puliti e resistenti; occorre che mescolati con acqua e cemento diano una massa molto compatta. Infatti la resistenza meccanica del calcestruzzo dipende anche dalla compattezza, che si ottiene adottando degli elementi di diverse dimensioni in modo che si riducano al minimo i vuoti.
Sono idonei alla produzione di calcestruzzo per uso strutturale gli aggregati ottenuti dalla lavorazione di materiali naturali, artificiali, ovvero provenienti da processi di riciclo conformi alla norma europea armonizzata UNI EN 12620 e, per gli aggregati leggeri, alla norma europea armonizzata UNI EN 13055-1.

Acqua di impasto

L’acqua per l’impasto del calcestruzzo deve essere limpida, non contenere sali in percentuali dannose e non essere aggressiva. Sono da escludersi le acque degli scarichi industriali e civili, o che contengono, zucchero, olii e grassi.
Per le acque torbide è ammesso un limite di torbidità di 2 g per litro definito “residuo alla evaporazione”; oltre tale limite occorre far decantare l’acqua. Qualora venga usata acqua calda per l’impasto, la temperatura non deve essere superiore ai 60°C.

Il mix design

Il mix design è il calcolo necessario per l’individuazione della composizione di un prefissato calcestruzzo da effettuare in base alle prestazioni richieste dal progettista nonché delle caratteristiche delle materie prime da utilizzare (cemento, inerti, additivi, aggiunte, ecc…).
Il progettista strutturale deve redigere apposita relazione (relazione sui materiali) in cui descrive la qualità del calcestruzzo richiesto, indicando la classe di resistenza, la classe di esposizione, la classe di consistenza e la dimensione nominale massima dell’aggregato.
È pertanto compito e responsabilità del produttore del calcestruzzo progettare una miscela idonea a soddisfare i requisiti richiesti dal progettista.
Per effettuare il corretto un mix design si devono considerare una serie di fattori:
  • la lavorabilità cresce all’aumentare del quantitativo di acqua utilizzata per l’impasto e dipende anche dalle caratteristiche degli inerti utilizzati (diametro massimo previsto e superficie dell’inerte: liscia o scabra) oltre che dalla presenza di eventuali additivi specifici
  • la resistenza meccanica è funzione del rapporto acqua/cemento e della quantità di cemento da utilizzare (se misurata a 28 giorni dipende anche dal tipo e dalla classe del legante): al diminuire del primo e al crescere della seconda aumenta la resistenza meccanica
  • il grado di durabilità cresce in maniera inversamente proporzionale con il rapporto a/c
Pertanto il parametro principale del progetto di miscela è il rapporto a/c che deve essere idoneo a garantire le prestazioni richieste al calcestruzzo.
Questo significa che per aumentare la lavorabilità, senza l’utilizzo di additivi, bisogna aumentare la quantità di acqua ma proporzionalmente anche il tenore di cemento per mantenere costante il valore a/c atteso per non compromettere il grado di durabilità e la resistenza meccanica del materiale.
Generalmente la classe di consistenza, e quindi la lavorabilità, si aumenta con l’introduzione di particolari additivi.

Miscele preconfezionate di componenti per calcestruzzo

Il produttore di miscele preconfezionate di componenti per calcestruzzi, cui sia da aggiungere in cantiere l’acqua di impasto, deve documentare per ogni componente utilizzato la conformità alla relativa norma armonizzata europea.

Specifiche del calcestruzzo

In fase di progetto, quando si sceglie il calcestruzzo, è necessario tenere conto delle seguenti specifiche:
La classe di resistenza è contraddistinta dai valori caratteristici delle resistenze cubica Rck e cilindrica fck a compressione uniassiale, misurate su provini normalizzati e cioè rispettivamente su cilindri di diametro 150 mm e di altezza 300 mm e su cubi di spigolo 150 mm.
La resistenza caratteristica a compressione è definita come la resistenza per la quale si ha il 5% di probabilità di trovare valori inferiori. Nelle norme tecniche per le costruzioni la resistenza caratteristica si deduce da prove su provini come sopra descritti, confezionati e stagionati, eseguite a 28 giorni di maturazione.

Acciaio per cemento armato

L’acciaio per cemento armato è generalmente prodotto in stabilimento sotto forma di barre o rotoli, reti o tralicci, per utilizzo diretto o come elementi di base per successive trasformazioni.
Prima della fornitura in cantiere gli elementi di cui sopra possono essere saldati, presagomati (staffe, ferri piegati, ecc.) o preassemblati (gabbie di armatura, ecc.) a formare elementi composti direttamente utilizzabili in opera.
La sagomatura e/o l’assemblaggio possono avvenire:
  • in cantiere, sotto la vigilanza della Direzione Lavori
  • in centri di trasformazione
Tutti gli acciai per cemento armato devono essere ad aderenza migliorata, aventi cioè una superficie dotata di nervature o indentature trasversali, uniformemente distribuite sull’intera lunghezza, atte ad aumentarne l’aderenza al conglomerato cementizio.
Le barre sono caratterizzate dal diametro ∅ della barra tonda liscia equipesante, calcolato nell’ipotesi che la densità dell’acciaio sia pari a 7,85 kg/dm3.
Il diametro delle barre di acciaio deve rispettare le seguenti limitazioni:
  •  diametro ∅ compreso tra 6 e 40 mm (per gli acciai B450C)
  • diametro ∅ compreso tra 5 e 10 mm (per gli acciai B450A)
Le Norme Tecniche per le Costruzioni definiscono due tipologie di acciaio in barre, B450A e B450C, che presentano le seguenti caratteristiche:
  • stesse resistenze nominali (fyk=230 N/mm², ftk=450 N/mm²)
  • differenti classi di duttilità, individuate con lettere A (acciaio trafilato a freddo) e C (acciaio laminato a caldo), che corrispondono a quelle definite nella UNI EN 1992-1-1 (Eurocodici 2)
Si sottolinea che l’acciaio B450C è più duttile del B450A e presenta un allungamento a rottura maggiore.
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 270 del 19 novembre 2011 è stato pubblicato il Decreto Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 15 novembre 2011 che apporta modifiche al D.M. 14 gennaio 2008 (Norme Tecniche per le Costruzioni) circa l’utilizzo dell’acciaio B450A.
La modifica riguarda il punto 7.4.2.2 della norma.
In particolare, il nuovo testo prevede che l’acciaio B450A, nei diametri da 5 a 10 mm, possa utilizzarsi:
  • per reti e tralicci
  • per staffe di qualsiasi elemento strutturale, in strutture di Classe di Duttilità Bassa
  • per armatura trasversale di elementi in cui è impedita la plasticizzazione mediante il rispetto della gerarchia delle resistenze
  • per armatura trasversale di elementi secondari
  • per armatura trasversale in elementi di strutture poco dissipative, con fattore di struttura non maggiore di 1,5
Per le strutture occorre utilizzare il B450C.
L’uso di acciai forniti in rotoli è ammesso, senza limitazioni, per:
  • diametri fino a ∅ ≤ 16 mm (per acciai B450C)
  • diametri fino a ∅ ≤ 10 mm (per acciai B450A)
Gli acciai delle reti e tralicci elettrosaldati sono soggetti alle seguenti regole:
  • devono essere saldabili
  • l’interasse delle barre non deve superare 330 mm
  • gli elementi base devono avere diametro ∅ che rispetta la limitazione: 6 mm ≤ ∅ ≤ 16 mm (per gli acciai B450C)
  • gli elementi base devono avere diametro ∅ che rispetta la limitazione: 5 mm ≤ ∅ ≤ 10 mm (per acciai B450A)
  • il rapporto tra i diametri delle barre componenti reti e tralicci deve essere: ∅ min / ∅ max ≥ 0,6

Soppalco ad uso ripostiglio, ci vuole il permesso di costruire?

Articolo tratto dal sito www.biblus.acca.it

Soppalco ad uso ripostiglio: il Consiglio di Stato si esprime sulla legittimità di un’ordinanza di demolizione di un soppalco di ridotte dimensioni realizzato senza permesso di costruire

Il proprietario di un immobile aveva ricevuto un’ingiunzione di demolizione di un soppalco ad uso ripostoglio costruito all’interno della propria abitazione in quanto realizzato senza permesso di costruire.
La struttura, di altezza interna modesta, era in pratica un soppalco ad uso ripostiglio, come di seguito raffigurato:


A seguito dell’ordinanza comunale di demolizione il proprietario presentava ricorso al Tar del Lazio. Il Tribunale amministrativo respingeva il ricorso, ritenendo che l’intervento fosse effettivamente soggetto a permesso di costruire.
Contro tale sentenza, il ricorrente in primo grado propone appello.

Soppalco ripostiglio: la sentenza del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato con la sentenza n.985/2017 si esprime sul ricorso presentato dal proprietario del soppalco ripostiglio.
Il ricorrente sostiene che il soppalco, in quanto non praticabile, non sarebbe soggetto a permesso di costruire, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di primo grado.
I giudici di Palazzo Spada, richiamando una sentenza pregressa, chiariscono che il permesso di costruire è necessario quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell’immobile preesistente, ai sensi dell’art. 3 comma 1 dpr 6 giugno 2001, n. 380, con incremento delle superfici dell’immobile e in prospettiva ulteriore carico urbanistico.
Nel caso in esame il soppalco non incrementa la superficie dell’immobile, è di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone: si tratta, in buona sostanza, di un ripostiglio.
Rientra quindi nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali il permesso di costruire non è richiesto.
Pertanto il Consiglio di Stato si esprime a favore del ricorrente, annullando l’ingiunzione di demolizione.