martedì 28 luglio 2015

Quale deve essere la distanza della canna fumaria dal confine di proprietà?

Articolo tratto dal sito www.casaeclima.com
Le bocche dei camini devono essere posizionate in modo tale da consentire una adeguata evacuazione e dispersione dei prodotti della combustione

La norma UNi7129 disciplina il posizionamento a parete dei terminali di scarico o di tiraggio degli apparecchi a gas di potenza non superiore a 35kW. In base alla potenza dell'apparecchio e alla sua tipologia (atmosferico o soffiato) la norma individua le zone di rispetto all'interno delle quali non è possibile posizionare gli scarichi dei terminali. Per esemplificare,  quest'ultimi devono rispettare le distanze da elementi sensibili come: finestre, abbaini, poggioli, angoli dell'edificio, piani di calpestio, fori di aerazione/ventilazione.
La norma UNI 10683 disciplina il posizionamento dei comignoli degli apparecchi a combustibile solido di potenza non superiore a 35kW ed esclude la possibilità per tali apparecchi di scaricare a parete, obbligando sempre lo scarico sopra il tetto dell'edificio. La quota di sbocco deve trovarsi al di fuori della zona di reflusso calcolata traslando in verticale di 1,30mt l'estradosso della copertura.
Il D.Lgs. 152/2006 disciplina il posizionamento dei camini per impianti di qualsiasi combustibile di potenza superiore al valore di soglia (>35kW). Nell'allegato IX parte II  al punto 2.9 tale decreto afferma:
Le bocche dei camini devono essere posizionate in modo tale da consentire una adeguata evacuazione e dispersione dei prodotti della combustione e da evitare la reimmissione degli stessi nell'edificio attraverso qualsiasi apertura. A tal fine le bocche dei camini devono risultare più alte di almeno un metro rispetto al colmo dei tetti, ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante meno di 10 metri. Le bocche dei camini situati a distanza compresa fra 10 e 50 metri da aperture di locali abitati devono essere a quota non inferiore a quella del filo superiore dell'apertura più alta. Le presenti disposizioni non si applicano agli impianti termici a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 90/396/CE del Consiglio, del 29 giugno 1990, concernente gli apparecchi a gas.
Per quanto riguarda le distanze da rispettare rispetto alla proprietà altrui, il Comune potrebbe aver legiferato e inserito alcune norme nel Regolamento Edilizio Comunale.
In ogni caso esistono due articoli del codice civile:
art. 890. Distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi. Chi presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, vuole fabbricare forni, camini, magazzini di sale, stalle e simili, o vuol collocare materie umide o esplodenti o in altro modo nocive, ovvero impiantare macchinari, per i quali può sorgere pericolo di danni, deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza.
art. 844. Immissioni. Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso .
e un articolo del codice penale:
art. 674. Getto pericoloso di cose. Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206

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sabato 25 luglio 2015

Fotovoltaico su pergolato, non occorre il permesso di costruire Consiglio di Stato: sufficiente la comunicazione di inizio lavori se i pannelli non costituiscono una copertura stabile e continua degli spazi sottostanti

Articolo tratto dal sito www.casaeclima.com

La controversia, oggetto della sentenza n. 2134 del 27 aprile 2015 del Consiglio di Stato, è sorta quanto due cittadini hanno comunicato al Comune di Bologna l’inizio di attività consistente nella realizzazione di pannelli fotovoltaici a parziale copertura di un nuovo pergolato in legno, contestualmente realizzato sul terrazzo dell’abitazione e dotato di tenda parasole retrattile.
Il Comune ha dichiarato inefficace tale comunicazione e con un'ordinanza ha disposto la riduzione in pristino dello stato dei luoghi. Secondo l’amministrazione, la tipologia di interventi posti in essere richiedono il rilascio di un permesso di costruire.
Le parti hanno impugnato tali atti innanzi al Tar Emilia Romagna che, con sentenza 23 dicembre 2013, n. 832, ha rigettato il ricorso.  
Da qui il ricorso al Consiglio di Stato, che l'ha accolto entro certi limiti, evidenziando, anzitutto, che l'articolo 6, comma 2, lettera d), del d.p.r. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) dispone che sono soggetti a comunicazione di inizio lavori gli interventi consistenti, tra l’altro, nell’installazione di «pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444».
Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti fotovoltaici prevedono che essi possono essere installati «su edifici esistenti e loro pertinenze», inclusi, pertanto, anche i pergolati.
NON OCCORRE IL PERMESSO DI COSTRUIRE. L’art. 10 del decreto dispone, invece, che occorre il permesso di costruire per: «a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni».
NOZIONE DI “PERGOLATO”. Palazzo Spada ricorda che “la giurisprudenza amministrativa, in mancanza di una definizione legislativa di pergolato, ha avuto modo di affermare che esso può essere inteso come un manufatto avente natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni (Cons. Stato, sez. IV, 29 settembre 2011, n. 5409). Si è, inoltre, precisato che «la nozione di pergolato non muta se alle piante si sostituiscono i pannelli fotovoltaici, sicché gli stessi devono essere collocati in modo tale da lasciare spazi per il filtraggio della luce e dell’acqua e non devono caratterizzarsi come copertura stabile e continua degli spazi sottostanti» (Cons. Stato, sez. I, 25 giugno 2014, n. 2162).
Nella fattispecie in esame gli appellanti, come risulta dalla relazione tecnico-illustrativa dell’intervento, hanno realizzato sulla terrazza al primo piano del fabbricato «un pergolato in legno aperto ai lati e dotato di tenda parasole retrattile». Su tale pergolato è stato installato un impianto fotovoltaico a pennelli «costituito da otto pannelli (…) per un’area totale di metri quadrati 13».
Tale descrizione unitamente all’analisi delle foto e dei documenti depositati in giudizio induce a ritenere – sostiene il Consiglio di Stato - che l’intervento – in ragione del materiale impiegato, della sua struttura e della circostanza che essa, essendo aperta su tutti i lati, non determina aumento di volumetria – non rientra tra quelli per i quali la normativa di disciplina della materia richiede il permesso di costruire”. 
Questo “non significa che le opere realizzate si sottraggono a forme di controlli pubblici ma implica esclusivamente che l’attività può essere posta in essere con un mera comunicazione senza dovere ottenere previamente il rilascio da parte del Comune del titolo abilitativo”.

Tratto dal sito www.infobuildenergia.it

Edifici ad energia quasi zero. Nuove norme e soluzioni per gli edifici di domani


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Edifici ad energia quasi zero. Nuove norme e soluzioni per gli edifici di domani

Anit ha sviluppato una sintesi del decreto sull'efficienza energetica in edilizia appena pubblicato in GU

All’interno del complesso e attualmente difficile mondo dell’edilizia, i temi che riguardano l’efficienza energetica, la sostenibilità e il rispetto dell’ambiente sono centrali nelle politiche comunitarie e internazionali. La casa non è più considerata solo un bene esteticamente piacevole o prezioso, ma un oggetto altamente tecnologico e prestazionale che viene finalmente riconosciuto come un luogo confortevole, salubre ed economicamente sostenibile. 

La riduzione dei consumi energetici e la migliore qualità della vita, grazie anche alla corretta progettazione del comfort acustico, non sono più richieste di alcuni illuminati ma una necessità di tutti.

Di seguito verranno illustrate le novità legislative e le soluzioni innovative per raggiungere le performance richieste per gli edifici del futuro. L’edificio ad energia quasi zero non è più così lontano. In questo articolo verrà affrontata la tematica dell’efficienza energetica, andando a descrivere le prescrizioni dei nuovi decreti attuativi con particolare attenzione all’efficienza energetica dell’involucro.

Inquadramento
In materia di efficienza energetica la Comunità Europea ha indicato ai Paesi membri la strada da percorrere con la direttiva 2002/91/CE “Rendimento energetico nell’edilizia” detta anche EPBD, ovvero Energy Performance Buildings Directive.
L’Italia ha risposto a questa chiamata a più riprese, pubblicando diversi decreti legislativi.
Il DLgs 192/2005 recepisce la Direttiva a livello nazionale ed entra in vigore l’8 ottobre 2005. Il suo contenuto viene modificato e integrato dal DLgs 311/06 che entra in vigore il 2 Febbraio 2007. Successivamente vengono pubblicati i decreti attuativi di riferimento ossia il DPR 59/09 sui requisiti minimi da rispettare e le Linee Guida Nazionali uscite con il DM 26/06/2009 sul tema della certificazione energetica.

Ma le cose cambiano a luglio 2010 quando entra in vigore la nuova Direttiva 2010/31/UE sul rendimento energetico nell’edilizia che ha mandato in pensione la Direttiva 2002/91/CE.
La risposta a tale Direttiva tarda ad arrivare e nel giugno 2013 viene pubblicato il DL 63/13 “Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale”, che entra in vigore il 6 giugno 2013.

Tale documento viene convertito in Legge ad agosto con la Legge 90/13.

Sono in fase di pubblicazione i decreti attuativi che definiranno:
  • prescrizioni minime e modalità di verifica per edifici di nuova costruzione ed esistenti in funzione dell’ambito di intervento nonché prescrizioni minime dell’edificio a energia quasi zero.
  • Nuova classificazione energetica
  • Nuovi modelli per la relazione tecnica
Applicazione e requisiti minimi 
Secondo l’Art. 3 del DLgs 192/05 modificato dalla Legge 90/13, sono esclusi dall’applicazione del decreto le seguenti categorie di edifici:
  • gli edifici ricadenti nell'ambito della disciplina della parte seconda e dell'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio solo nel caso in cui il rispetto delle prescrizioni implichi un'alterazione sostanziale del loro carattere o aspetto, con particolare riferimento ai profili storici, artistici e paesaggistici. E fatto salvo le disposizioni concernenti: a) l'attestazione della prestazione energetica degli edifici; b) l'esercizio, la manutenzione e le ispezioni degli impianti tecnici.
  • gli edifici industriali e artigianali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili;
  • gli edifici rurali non residenziali sprovvisti di impianti di climatizzazione;
  • i fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati;
  • gli edifici che risultano non compresi nelle categorie di edifici classificati sulla base della destinazione d'uso di cui all'articolo 3 del DPR 412/93, il cui utilizzo standard non prevede l'installazione e l'impiego di sistemi tecnici, quali box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi, fatto salvo le porzioni eventualmente adibite ad uffici e assimilabili, purché scorporabili ai fini della valutazione di efficienza energetica;
  • gli edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose.
Nel decreto sui nuovi requisiti minimi risultano inoltre esclusi dall’applicazione delle prescrizioni:
  • Interventi di ripristino su strati di finitura ininfluenti dal punto di vista termico  
  • Interventi di rifacimento di porzioni di intonaco su superfici < 10% della superficie disperdente
  • la mera sostituzione del generatore di calore dell’impianto di climatizzazione avente potenza inferiore alla soglia prevista dall’articolo 5, comma 2, lettera g) del regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37.
Gli ambiti di applicazione cambiano rispetto a quelli attuali e vengono introdotte nuove definizioni non corrispondenti con quelle classiche degli interventi da testo unico.

Nella Tab.1 vengono riportati i nuovi ambiti di intervento

In funzione dell’ambito di intervento e della categoria di edificio vengono indicate determinate prescrizioni da rispettare.
In funzione delle prescrizioni potremmo distinguere due ambiti di applicazione principali: 
1. Nuova costruzione, demolizione e ricostruzione, ampliamente volumetrici (come definiti in tabella) e ristrutturazioni importanti di primo livello 
2. Ristrutturazioni importanti di secondo livello e riqualificazioni energetiche

1. Nuova costruzione, demolizione e ricostruzione, ampliamente volumetrici (come definiti in tabella) e ristrutturazioni importanti di primo livello 
I requisiti si applicano all’intero edificio e la verifica prevede:
a. Verifica dei fabbisogni energetici di cui di seguito
Dove:
EPi limite sono i limiti dei vari parametri calcolati con il metodo dell’edificio di riferimento

b. Verifica del coefficiente medio di scambio termico
 
Dove:
H't=Htr,adj / Ek Ak rappresenta coefficiente medio globale di scambio termico per trasmissione per unità di superficie disperdente
H't-limite è tabellato in funzione di S/V e della zona climatica

c. Verifica dell’area solare equivalente (*)

Dove
Asol,est / Asup utile si intende l’ area solare equivalente estiva per unità di superficie utile;

d. Verificare i rendimenti degli impianti


Dove i valori limite sono calcolati in base ai parametri indicati per l’edificio di riferimento.

e. Verificare le prestazioni dei divisori interni ( solo per le zone C,D,E,F )

U divisori opachi < 0,8

f. Verifiche delle prestazioni estive dell’involucro
  • i. Efficacia dei sistemi schermanti
  • ii. Verifica della trasmittanza termica periodica
Per le pareti opache verticali ad eccezione di quelle nel quadrante Nord-ovest/Nord/Nord-Est:
  • la massa superficiale Ms (calcolata secondo la definizione dell’All.A del Dlgs 192/05 come massa superficiale della parete opaca compresa la malta dei giunti ed esclusi gli intonaci) sia superiore di 230 kg/m2
  • o in alternativa che il valore del modulo della trasmittanza termica periodica (YIE) sia inferiore a 0,10 W/m²K
Per tutte le pareti opache orizzontali ed inclinate:
  • che il valore del modulo della trasmittanza termica periodica (YIE) sia inferiore a 0,18 W/m²K
g. Asseverare l’osservanza degli obblighi di integrazione delle fonti rinnovabili secondo i principi minimi e le decorrenze di cui all’Allegato 3, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. Infine sono previsti tutta una serie di obblighi riguardanti la parte impiantistica, tra cui l’allacciamento a reti di teleriscaldamento se tratti di rete presenti nelle vicinanze, la contabilizzazione del calore e l’installazione di sistemi di misurazione intelligente.

2. Riqualificazione energetica e ristrutturazioni importanti di secondo livello 
a. Verifica della tramittanza termica delle strutture su cui si è andati ad intervenire

Ui ≤ Ulimite-i

b. Nel caso di interventi di isolamento in intercapedine o dall’interno verificare che: Ui ≤ 1,3 Ulimite-i

c. Verifica del valore del fattore di trasmissione solare g

(gl+sh)≤ 0.35

d. Per edifici dotati di impianto termico non a servizio di singola unità immobiliare si rende obbligatoria l’installazione di valvole termostatiche o altro sistema di termoregolazione per singolo ambiente
e. Solo per le ristrutturazioni importanti di secondo livello: verifica del coefficiente medio di scambio termico con il limite previsto per questo ambito di intervento

H't < H' t-limite

f. Nel caso di riqualificazione di impianti tecnici sono previsti requisiti e prescrizioni specifiche per le quali si rimanda al testo del decreto.

Si segnala che per le trasmittanze limite vengono dati due gruppi di valori, i primi da considerare dal 1 ottobre 2015 al 31 dicembre 2018 (per gli edifici pubblici) e al 31 dicembre 2020 (per gli altri edifici) i secondi dal 2019 /2021.
Nel caso di isolamento dall’interno e installazione di pannelli radianti, le altezze minime possono essere derogate fino ad un massimo di 10 cm.

PRESCRIZIONI COMUNI 
Ci sono alcune verifiche che vengono richieste a tutti gli ambiti di applicazione previsti nel decreto a parte le eccezioni specifiche.
a. Verifiche termo igrometriche che prevedono la verifica di assenza di condensa interstiziale e la verifica di assenza del rischio di formazione di muffa, requisiti sicuramente più restrittivi rispetto a quanto previsto dall’attuale legislazione in merito. La verifica deve essere eseguita con riferimento alla norma tecnica UNI EN ISO 13788 e nelle condizioni delle classi di concentrazione definite nella stessa. 
b. Miglioramento delle prestazioni estive:
  • a. Si preveda l’utilizzo di materiali ad elevata riflettenza solare (0,65 per le coperture piane e 0,3 per le coperture a falda)
  • b. Utilizzo di tecnologie di climatizzazione passiva
c. Obbligo a trattamenti dell’acqua
d. Verifiche sugli impianti di micro generazione
e. Verifiche sull’efficienza di ascensori e scale mobili

Nota: per quanto riguarda i valori limite e le metodologie di verifica si rimanda al testo completo del decreto e alla Guida ANIT di prossima pubblicazione

L’EDIFICIO DI RIFERIMENTO 
Il calcolo dei fabbisogni energetici limite deve essere eseguito partendo da un edificio di riferimento e la verifica non sarà più un confronto con valori tabellati. Con edificio di riferimento o target si intende un edificio identico in termini di geometria, orientamento, ubicazione territoriale, destinazione d’uso e situazione al contorno dell’edificio reale e avente caratteristiche termiche e parametri energetici predeterminati.

 

Per quanto riguarda le caratteristiche dell’involucro il decreto attuativo presenta una tabella in cui sono riportati i valori di trasmittanza di riferimento per i componenti opachi e trasparenti da usare nel calcolo dei limiti. Tali trasmittanze sono comprensive di ponti termici che, a questo punto non vengono in altro modo considerati nel calcolo. Vengono dati due gruppi di valori, i primi da considerare dal 1 ottobre 2015 al 31 dicembre 2018 (per gli edifici pubblici) e al 31 dicembre 2020 (per gli altri edifici), i secondi dal 2019 /2021.
Per gli impianti vengono forniti i valori di efficienza di riferimento da usare nel calcolo dei limiti. Tali valori vengono riferiti alla reale situazione impiantistica.

L’EDIFICIO A ENERGIA QUASI ZERO 
L’articolo 4-bis introdotto nel DLgs 192/05 dalla Legge 90/13 indica che a partire dal 31 dicembre 2018, gli edifici di nuova costruzione occupati da Pubbliche Amministrazioni e di proprietà di queste ultime, ivi compresi gli edifici scolastici, devono essere progettati e realizzati quali edifici a energia quasi zero. Dal 1 gennaio 2021 la predetta disposizione è estesa a tutti gli edifici di nuova costruzione. 
Entro il 30 giugno 2014 è definito il Piano d’azione destinato ad aumentare il numero di edifici a energia quasi zero.
In base alla definizione del DL 63/13 ripresa dalla Direttiva Europea, l’edificio ad energia quasi zero è un “edificio ad altissima prestazione energetica, (…) Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo è coperto in misura significativa da energia da fonti rinnovabili, prodotta all’interno del confine del sistema (in situ)".

Sono quindi, per i decreti attuativi della legge 90, “edifici a energia quasi zero” tutti gli edifici, siano essi di nuova costruzione o esistenti, per cui sono contemporaneamente rispettati: a) tutti i requisiti previsti per i seguenti parametri: a. H’t inferiore ai valori limite tabellatico molto basso o quasi nullo è coperto in misura significativa da energia da fonti rinnovabili, prodotta all’interno del confine del sistema (in situ).”
Sono quindi, per i decreti attuativi della legge 90, “edifici a energia quasi zero” tutti gli edifici, siano essi di nuova costruzione o esistenti, per cui sono contemporaneamente rispettati:
a) tutti i requisiti previsti per i seguenti parametri:
  • a. H’t inferiore ai valori limite tabellati
  • b. Asol,est / Asup utile, inferiore ai vaolri limite tabellari 
  • c. EP H,nd - EP C,nd - EP gltot inferiori ai limiti calcolati con l’edificio di riferimento determinato con i valori vigenti dal 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici e dal 1° gennaio 2021 per tutti gli altri edifici
  • d. ȠH, Ƞw e Ƞrisultino superiori ai valori indicati per l’edificio di riferimento (ȠH,limite ȠW,limite, Ƞ C,limite)
b) gli obblighi di integrazione delle fonti rinnovabili nel rispetto dei principi minimi di cui all’Allegato 3, paragrafo 1, lettera c), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. Quindi gli impianti di produzione di energia termica devono garantire il rispetto della copertura, tramite il ricorso a fonti rinnovabili, di:
  • a. 50% EPacs e 20% (EPi + EPe+ EPacs) dal 31/05/2012 al 31/12/2013
  • b. 50% EPacs e 35% (EPi + EPe+ EPacs) dal 01/01/2014 al 31/12/2016 *
  • c. 50% EPacs e 50% (EPi + EPe+ EPacs) dal 01/01/2017
* Tale limite è ridotto al 20% per edifici situati nei centri storici. Vengono esclusi gli edifici allacciati ad una rete di teleriscaldamento che copre interamente EPi e EPacs.

venerdì 24 luglio 2015

Tabelle millesimali 2

Tratto dal sito www.studioddfilippis.it

MODIFICA DELLE TABELLE MILLESIMALI CONTRATTUALI

CONCETTO DI CONTRATTUALITA’
Se nel vostro condominio le tabelle millesimali e il regolamento di condominio erano allegati al contratto di acquisto del vostro appartamento, o se tabelle e regolamento sono state approvate in un’assemblea all’unanimità di tutti i condomini del condominio (e non, si noti bene, all’unanimità dei soli presenti) regolamento e tabelle si dicono contrattuali.
Ciò significa che entrambi sono obbligatori per tutti i condomini. Inoltre, se sono stati registrati a cura di un notaio, entrambi sono stati resi pubblici, e quindi vincolano anche eventuali futuri acquirenti di unità immobiliari facenti parte del condominio.

QUANDO SI RENDE NECESSARIA LA LORO MODIFICA
Trattando specificatamente delle tabelle millesimali, è necessario precisare, in primo luogo, che le medesime vanno modificate quando presentano degli errori di calcolo o quando è variato il rapporto tra il valore delle unità immobiliari di cui si compone il fabbricato. Ciò si verifica, ad esempio, quando un condomino cambia la destinazione d’uso di un’unità immobiliare, che ad esempio da soffitta diventa appartamento.
In questo caso, aumenta sensibilmente il valore dell’unità immobiliare, e quindi, basandosi i millesimi di proprietà sul criterio di valore di un bene – che dipende dalla sua destinazione d’uso, dall’esposizione (nord, sud, ecc..), dalla panoramicità del medesimo – ed essendo detto valore sicuramente aumento, si rende necessaria la revisione dei millesimi.
Non solo dei millesimi di proprietà, ma anche dei millesimi di ripartizione delle spese di manutenzione delle scale e dell’ascensore, che si basano per il 50% sul valore di proprietà (che appunto è variato) e per l’altro 50% sull’altezza di piano dell’unità immobiliare interessata.

COME SI MODIFICANO LE TABELLE MILLESIMALI CONTRATTUALI?
Con l’unanimità dei voti favorevoli di tutti i condomini del condominio (e non, si noti bene, con la sola unanimità dei presenti all’assemblea).
Quanto detto è suffragato dalle seguenti sentenze della Suprema Corte: Cassazione 9 Febbraio 1985 n°1057, Cass. 14 Novembre 1983, n°7040, Cassazione 15 Aprile 1987 n°3733.
Come fare, allora, nel caso in cui non tutti i condomini partecipino all’assemblea?
In questo caso, va premesso che almeno coloro che hanno presenziato alla riunione condominiale accettino le nuove tabelle millesimali, altrimenti difronte anche ad un solo dissenso le tabelle sono nulle.
E per coloro che non hanno partecipato?
Qui la giurisprudenza si divide: da una parte le sentenze della Cassazione del 19 Ottobre 1988, n°5685 e del 17 Ottobre 1980 n°5993 dicono che, se i condomini assenti, che hanno comunque ricevuto le nuove tabelle non le impugnano, anzi ad esse si riferiscono per anni senza fare alcuna obiezione, in questo modo le accettano. Si parla in questo caso di approvazione per facta concludentia. Il condomino, però, doveva essere ben consapevole che si stavano applicando i nuovi millesimi (Cassazione 16 Luglio 1991, n°7884). Ecco perché è importante che l’Amministratore conservi le ricevute che attestino che tutti i condomini sono entrati in possesso dei nuovi millesimi, e che sia ben specificato nella convocazione, che si vogliono modificare gli attuali valori millesimali. D’indirizzo contrario è la sentenza della Suprema Corte dell’11 Settembre 1989 n°3929, che ha ritenuto affette da nullità assoluta e quindi impugnabili in ogni tempo (da parte dei condomini dissenzienti) le tabelle millesimali approvate a maggioranza. (dello stesso avviso: APP. Milano 6 Aprile 1993).
Quindi, il consiglio è quello di approvare le tabelle all’unanimità, in un’assemblea regolarmente convocata, in cui abbiano partecipato tutti i condomini.

CON QUALE QUORUM SI DELIBERANO LE NUOVE TABELLE?
Premesso che ogni condomino, nei casi sopra visti, ha diritto di richiedere la modifica delle tabelle millesimali, analizziamo la procedura che porta alla creazione dei nuovi valori di ripartizione delle spese.
In primo luogo, il condomino deve richiedere all’Amministratore la convocazione di un’assemblea straordinaria, per discutere l’argomento. In questa sede, andrà messo all’ordine del giorno: “mandato ad un tecnico per la revisione delle tabelle millesimali di proprietà, e delle conseguenti tabelle di ripartizione delle spese di manutenzione delle scale e dell’ascensore”. La delibera viene presa con tanti voti pari alla maggioranza degli intervenuti all’assemblea, che rappresentino almeno la metà più uno del complessivo valore di proprietà dell’intero fabbricato (501 nel caso di millesimi, 5001 nel caso di decimillesimi, ecc..). Una volta nominato, il perito procederà a verificare le modifiche che sono intervenute nelle proprietà private, o ad individuare gli errori materiali che interessano le tabelle, e stilerà i nuovi millesimi.
L’Amministratore, quindi, provvederà a riconvocare una nuova assemblea, mettendo all’ordine del giorno: “analisi ed approvazione delle nuove tabelle millesimali”.
Logicamente, allegherà alla convocazione i nuovi valori avendo cura che vengano ricevuti da tutti i condomini, mediante invio di una raccomandata con ricevuta di ritorno.

COSA FARE NEL CASO IN CUI NON SI OTTIENE L’UNANIMITA’ DEI CONSENSI?
Ogni condomino avrà diritto ad adire l’autorità giudiziaria, la quale nominerà un tecnico, che provvederà a stilare i nuovi millesimi, i quali diventeranno obbligatori per tutti i condomini.
La causa deve essere fatta nei confronti di tutti coloro che non hanno approvato le nuove tabelle.

LA REGISTRAZIONE DELLE TABELLE MILLESIMALI REGOLARMENTE APPROVATE
La registrazione avviene tramite un notaio. Questo richiederà la presenza di tutti i condomini nel suo studio, per firmare il relativo atto, o una procura scritta all’amministratore data da tutti i condomini, procura stilata sempre dal notaio.
Nel primo caso, tutti i condomini si devono recare contemporaneamente nello studio notarile (cosa molto difficile nel caso di condomini molto numerosi). Nel secondo caso, invece i condomini possono andare anche in momenti diversi dal pubblico ufficiale per firmare la procura all’amministratore.

Tabelle millesimali

Tratto dal sito www.appc.it

Modifica tabelle millesimali

tabelle-millesimali
Modifica alle tabelle millesimali con deliberazione a maggioranza, conseguenze operative
Il problema della adozione e modifica delle tabelle millesimali è stato affrontato da una sentenza a sezioni riunite che ha chiarito e superato alcune precedenti pronunzie contraddittorie (Cass. 09/08/2010 n. 18477 pres. Carbone).
Le tabelle millesimali sono lo strumento indispensabile della vita del condominio, esse rappresentano il prius rispetto alle deliberazioni, ma rappresentano anche la misura della partecipazione alle spese che sono conseguenza delle deliberazioni assembleari.
Non può esserci delibera valida se non c’è un valido quorum costitutivo dell’assemblea né valida deliberazione se non si raggiungono le maggioranze previste dalla legge e dal regolamento.
La tabella millesimale, anche se non predisposta, è ontologicamente coeva alla nascita del condominio.
Il condominio esiste a prescindere da ogni formale determinazione o presa d’atto nel momento in cui almeno due proprietari sono divenuti titolari di unità immobiliari diverse nello stesso edificio, unità immobiliari alla cui utilità sono destinati altri beni immobili indivisi e ad essi funzionali. Ma al sorgere del condominio necessariamente debbono esistere, anche se non ancora accertate, le quote di partecipazione alla gestione.
Nell’ipotesi in cui le tabelle non siano state ancora conosciute la giurisprudenza, in analogia con quanto previsto per la comunione (ma anche per espresso richiamo all’art. 1139 c.c.) ha ritenuto che le quote siano da considerare di eguale valore (art. 1101) almeno sino alla loro determinazione nei modi e termini di legge, determinazione che avrà comunque valore ex nuc avendo tale atto valore di negozio di accertamento.
I diritti dei partecipanti alla cose comuni trovano la loro ragione nella quota millesimale attribuita a ciascun condomino (art.118 C.C.) e le deliberazioni vanno assunte nel rispetto rigoroso delle maggioranze indicate nell’art. 1136 c.c. Le spese vanno ripartite a norma dell’art. 1123 c.c.
Come emerge dai richiamati articoli la funzione delle tabelle è quella di determinazione dei poteri e di attribuzione degli oneri relativi alla gestione del condominio.
Bisogna inoltre richiamare l’art. 68 disp. att. c.c. che prevede che il regolamento condominiale deve precisare il valore proporzionale di ogni unità immobiliare facendo così emergere, ad elemento essenziale e di complemento allo stesso regolamento, la quantificazione delle quote in “ valori millesimali” e specificando che al fine della determinazione dei valori non si dovrà tenere conto del “canone locatizio” ne’ “dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano”.
La determinazione dei criteri con cui addivenire alle quote, cioè al valore della unità immobiliare rispetto al tutto, viene lasciata nel limbo salvo una indicazione rispetto a quello di cui non vada tenuto conto.
Occorre per il tecnico estensore delle tabelle procedere alla individuazione delle unità immobiliari che hanno caratteri di unitarietà e funzionalità organica e di destinazione anche in funzione della loro attribuzione ad un soggetto, già definito in sede di elaborazione della tabella, o successivamente e previsionalmente definibile in futuro.
I criteri della determinazione per la elaborazione dei valori sono stati indicati in una circolare del Ministero dei Lavori Pubblici la 12480 del 66 e 2945 del 93 con riferimento all’edilizia economico popolare e tali criteri hanno fatto da riferimento per i tecnici estensori anche per altre tipologie di edifici.
Il punto di partenza è il metro quadrato, forse l’unico dato certo e oggettivamente determinabile.
Si definiscono gli elementi da prendere in considerazione ai fini della determinazione del valore e sul quale influiscono. Per esempio il coefficiente dei destinazione della superficie ( box, cantina, negozio, abitazione, ufficio ecc.) o altri coefficienti che influiscono sul valore (luminosità, funzionalità, panoramicità, esposizione, piano, ecc.).
Ad ogni coefficiente si assegna un parametro e a questo punto il mq viene moltiplicato per i vari coefficienti il cui risultato è definito superficie virtuale che viene quindi tradotta in millesimi.
Il procedimento sembrerebbe semplice se non ci fosse incertezza e discrezionalità su quali elementi utilizzare e che parametro di valutazione assegnare a ciascuno di essi.
Se il medesimo edificio venisse assegnato a diversi tecnici per la determinazione delle tabelle il risultato non solo non sarebbe identico, ma con estrema certezza possiamo affermare che la stessa unità immobiliare potrebbe avere valori diversi anche del 30% tra la valutazione di un tecnico e quella di un altro.
Sino alla sentenza a sezioni riunite la prevalente giurisprudenza riteneva che la determinazione delle tabelle millesimali potesse avvenire o con un atto negoziale di accertamento assunto unanimemente da tutti i condomini o attraverso sentenza di accertamento dopo aver instaurato il contraddittorio con tutti i partecipanti al condominio.
In ogni caso la deliberazione assunta senza unanimità veniva considerata viziata da nullità relativa, quindi non opponibile dai consenzienti, obbligando dissenzienti ed assenti alla eventuale impugnativa nel termine di decadenza di 30 giorni di cui all’art. 1137 c.c.
Ma quale è la natura della tabella millesimale ? Essa rappresenta un atto valutativo, anche se i parametri utilizzati sono scelti dal tecnico, atto quindi che corrisponde a criteri tecnici non arbitrari, ma discrezionali.
La discrezionalità della scelta non significa arbitrarietà, significa scelta in buona fede in scienza e coscienza e sulla base delle conoscenze più idonee di criteri che prescindono dagli interessi dei singoli.
Ecco che allora l’atto negoziale di accertamento dei valori o è un atto dispositivo e transattivo o è una semplice presa di atto di una valutazione tecnica oggettiva rispetto alla quale i condomini dichiarano che non intendono fare eccezioni. Quindi la deliberazione a maggioranza dovrà sempre essere preceduta da una elaborazione tecnica altrimenti sarebbe viziata.
Qui si pone quindi il tema della portata della sentenza a sezioni riunite che ricordiamo per inciso riguardava tabelle relative al riscaldamento.
Le tabelle convenzionali non sono modificabili a maggioranza, neanche dopo la sentenza richiamata, se tali lo sono a tutti gli effetti. Una tabella non è convenzionale per il solo fatto che sia allegata ad un regolamento contrattuale allegato in atto notarile. Perché si configuri come negoziale è necessario che sia stata esplicitamente accettata con tali caratteristiche e che sia in deroga ai criteri di riparto di cui all’art. 1123 c.c.
Nei regolamenti contrattuali sono individuabili infatti, e ciò vale anche per le tabelle, due tipi di disposizioni :
a) quelle tipicamente contrattuali che limitano diritti soggettivi o che pongono deroghe, ove possibile, a disposizione di legge;
b) disposizioni puramente regolatrici della vita del condominio e delle relazioni tra i condomini.
Solo per il primo gruppo di disposizioni vige il criterio della unanimità per la loro modifica. Per attribuire il criterio della contrattualità alle tabelle allegate al regolamento o assunte all’unanimità è necessario che con la loro approvazione si sia voluto derogare espressamente al regime legale di ripartizione delle spese e in particolare si sia voluto determinare un criterio di riparto frutto di espressa convezione come previsto al primo comma dell’art. 1123 c.c.
Conseguenze applicative della sentenza
Il condominio ha una vita estremamente lunga e nel corso degli anni è possibile e direi è frequente che per il mutamento delle condizioni sociali ed economiche, per disposizioni legislative innovative, per il variare delle esigenze dei condomini stessi si possa verificare un mutamento delle condizioni generali dell’edificio tali da cambiare significativamente i rapporti di valore tra le varie unità.
I rapporti possono mutare per esempio perché c’è stata sopraelevazione (vedasi la normativa lombarda sul recupero dei sottotetti), costruzione di autorimesse sotterranee (legge Tognoli) adeguamento a normative sulla sicurezza, norme a tutela dei disabili (costruzione di ascensore) ecc.
A tali casi fa riferimento l’ art. 69 disp. att c.c. prevedendo la possibilità (non obbligo) di una modifica delle tabelle.
In tali ipotesi ai condomini non si prospettava che una duplice possibilità:
a) accordo unanime sulle nuove tabelle,
b) ricorso alla autorità giudiziaria per l’accertamento dei nuovi valori (con effetto ex nuc e conseguente incerto recupero con l’eventuale l’azione di arricchimento per i condomini che nel frattempo avevano sostenuto oneri superiori a quelli dovuti).
La sopraelevazione, prevista dall’art. 1127 c.c. e dal T.U. dell’edilizia art. 90 DPR 380/2001, non è in verità un fenomeno molto comune anche perché occorre, oltre che corrispondere una indennità agli altri condomini, accertare che le condizioni statiche dell’edificio la consentono e, soprattutto, evitare di pregiudicare l’aspetto architettonico dell’edificio o diminuire notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti. Dati questi ultimi non oggettivamente definibili in caso di mancato unanime accordo tra i condomini, determinabili in caso di conflitto solo con sentenza passata in giudicato.
In ogni caso se si realizza la sopraelevazione o si muta la destinazione con recupero del sottotetto (situazione più comune), si può procedere alla determinazione delle tabelle, ove queste non siano convenzionali in termine restrittivo, con delibera a maggioranza.
Altra ipotesi, facilmente realizzabili ove le condizioni dell’edificio lo consentano (soprattutto in immobili con altezza superiore ai 4 metri, ad esempio negozi o capannoni), è la costruzione di un soppalco che fa aumentare la superficie utile.
Anche il tale ipotesi se il soppalco ha una ampiezza significativa si dovrà procedere alla determinazione dei nuovi valori.
Lo stesso vale per la chiusura di un balcone o terrazzo con veranda o per il cambio di destinazione di uso ma solo se accompagnato da significativi interventi edilizi.
In tutte queste ipotesi come quella in cui i millesimi originari siano frutto di un errore di calcolo e aggiungerei ora, dopo la sentenza, anche di tipo valutativo, sarà possibile, a maggioranza determinare le nuove quote, senza necessariamente passare dalle forche caudine dell’unanimità, difficilmente ottenibile stante il conflitto di interessi e la tipica conflittualità tra condomini, o attraverso una vertenza giudiziaria, lunga costosa ed incerta.
E’ da precisare che la deliberazione delle nuove tabelle deve essere assunta sulla base di una relazione tecnica che ne precisa la formulazione.
Un’ ultima nota infine, dal 20/03/12 le vertenze condominiali debbono passare prima al vaglio della mediazione obbligatoria (Alternative Dispute Resolution). Tale istituto poco costoso (si ricorda che il mediatore può avvalersi anche di un perito) potrebbe essere utile per abbreviare i tempi processuali in caso di vertenza se si conclude positivamente, ma anche perché dà la possibilità della omologazione dell’accordo raggiunto con tutte le conseguenze di opponibilità ai terzi, la registrazione senza costi e la trascrizione.
Dr. Vincenzo Vecchio responsabile Centro Studi APPC

domenica 19 luglio 2015

Cos’è un edificio ombra? Scopriamolo, c’entra col Nuovo APE

Tratto dal sito www.ediltecnico.it

A partire dal primo ottobre, il progettista, in linea con il nuovo quadro normativo, deve applicare le nuove regole a proposito di Nuovo APE e di efficienza energetica, dovrà utilizzare le nuove modalità di calcolo della prestazione energetica e i nuovi requisiti minimi di efficienza per edifici nuovi e ristrutturati. Dovrà inoltre adeguare gli schemi di relazione tecnica di progetto in funzione delle diverse tipologie di opere: nuove costruzioni, ristrutturazioni importanti o riqualificazioni energetiche. Le nuove regole entrano in vigore, appunto, dal 1° ottobre 2015.

Nuovo APE, nuove regole di prestazione energetica e edificio ombra

È proprio tra le mansioni che il progettista deve svolgere che spunta l’edificio ombra. Il progettista deve confrontare il progetto dell’edificio che verrà costruito con un edificio standard, virtuale ma analogo al progetto reale, prendendo in considerazione i requisiti di prestazione energetica fissati dal decreto. Se i requisiti del progetto reale risultano in linea con quelli dell’edificio standard, l’esame è superato. In base a quanto il progetto è migliorativo del progetto standard, all’edificio reale viene assegnata la classe energetica.
Il metodo di calcolo basato sul confronto con l’edificio ombra, due appartamenti dello stesso condominio, per esempio, potrebbero essere classificati diversamente perchè aventi caratteristiche che modificano i parametri di efficienza.
In generale, il livello di prestazione energetica dell’edificio reale va dalla A (massimo livello) alla G. I livelli sono dieci in tutto: i primi quattro saranno tutti A, da A4 (massimo livello) ad A1. Il livello minimo richiesto per i nuovi edifici o per le ristrutturazioni esistenti è la classe B (attualmente è richiesta la B dei sistemi regionali).
Per un approfondimento sugli altri contenuti delle regole nuove per le prestazioni energetiche degli edifici e del Nuovo Ape, leggi
Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme sottolinea l’importanza del cambiamento in meglio, ma individua subito un punto debole. “Chi controlla? Il tema della qualità della certificazione è uno dei temi fondamentali in un’azione di questo tipo. Soprattutto se tu concedi degli incentivi. Se tu fissi i paletti ma poi non controlli oppure non fai norme che definiscono bene l’aspetto dei controlli, è tutto inutile”.
L’ edificio ombra è certamente un metodo per effettuare controlli più precisi, ma chi controlla che questi controlli legati al Nuovo APE vengano fatti correttamente? E chi controlla i controllori? Who watches the Watchmen?

Nuovo APE unico, ecco come funzionano le nuove classi e i nuovi indicatori

Tratto dal sito www.ediltecnico.it

Sappiamo che i decreti attuativi della L. 90/2014 sull’efficienza energetica degli edifici, che comprendono alcune novità tra cui il Nuovo APE Unico, entreranno in vigore il 1° ottobre 2015.
Qual è la novità più importante?
Prima di tutto, rispetto alle precedenti, le nuove linee guida per la certificazione energetica introducono nuovi indicatori. Nel Nuovo APE Unico, infatti, sono indicate, oltre alla classe energetica basata sull’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile, anche la prestazione energetica invernale ed estiva dell’involucro, al netto del rendimento degli impianti presenti.
Nel Nuovo APE unico sono previsti indici di prestazione energetica rinnovabile e non rinnovabile dell’immobile. Sono indicate le fonti, rinnovabili e non rinnovabili, utilizzate per il soddisfacimento del fabbisogno energetico dell’immobile.
La classe energetica di un edificio è determinata sulla base di un indice di prestazione globale non rinnovabile dell’edificio, attraverso il confronto con una scala di classi prefissate, ognuna delle quali rappresenta un intervallo di prestazione energetica definito.
Le classi energetiche salgono da 7 a 10: dalla meno efficiente (Classe G) alla migliore (Classe A4).
La scala delle classi è definita a partire dal valore dell’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile dell’edificio di riferimento, calcolato ipotizzando che in esso siano installati elementi edilizi e impianti standard dell’edificio di riferimento. Tale indice è posto come separazione tra Classe B e Classe A1.
Per la determinazione della classe energetica complessiva dell’edificio ai fini della redazione del Nuovo APE unico, si calcola il valore dell’indice di prestazione, per l’edificio di riferimento, in corrispondenza dei parametri vigenti per gli anni 2019-2021.
Si calcola il valore dell’indice per l’immobile oggetto dell’APE e si individua la classe energetica da attribuire in base a una apposita tabella riportata nel decreto (tabella 2, paragrafo 5 delle nuove linee guida).
A proposito di questi temi e del Nuovo APE Unico, vi segnaliamo il seminario che si terrà a Verona il 30 luglio 2015:
La procedura di certificazione energetica: dal sopralluogo all’APE
Le novità introdotte dai decreti attuativi della L. 90/2014 a partire dal 1° ottobre 2015 
Seminario pratico-operativo di approfondimento professionale
Ecco un programma di massima:
Parte I. Il processo di certificazione energetica a partire dal 1 ottobre 2015
- il nuovo quadro legislativo (L 90/14 e decreti attuativi) e il quadro normativo di riferimento;
- il concetto di edificio a energia “quasi zero” e quello di “edificio di riferimento”;
- gli obblighi relativi alla redazione dell’APE;
- gli indici di prestazione energetica e i sevizi energetici considerati;
- i contenuti dell’APE e il format degli annunci commerciali;
- i metodi e i software di calcolo;
- il sopralluogo e la conoscenza del sistema edificio impianto.
Parte II. Il calcolo della prestazione energetica: aggiornamento alle norme UNI/TS 11300:2014
- il bilancio energetico dell’edificio (cenni);
- l’architettura della nuova norma UNI e la sua applicazione;
- approfondimenti di calcolo in merito a:
1) la caratterizzazione termica dei componenti opachi e trasparenti, gli apporti solari e la capacità termica;
2) i ponti termici;
3) gli ambienti non riscaldati e le serre solari;
4) le strutture controterra;
5) la ventilazione;
6) il rendimento dei sottosistemi impiantistici (con particolare attenzione ai generatori di calore a combustione e alle pompe di calore);
7) contributi da Fonti di Energia Rinnovabili (Solare Termico e PV);
- la compilazione dei dati di input su software: esempi di videate in relazione al metodo di calcolo.

Progettazione degli edifici, cosa cambia con l'uscita dei Decreti attuativi della Legge

Tratto dal sito www.casaeclima.com

La Direttiva europea 31/2010 sull'efficienza energetica in edilizia è stata recepita a livello nazionale dal Decreto Legge 63 del 4 giugno 2013, poi convertito in legge dalla Legge 90 del 3 agosto 2013. 
La Legge 90 è formata da tre decreti attuativi: il primo, il D.M. Requisiti Minimi, che darà le prescrizioni minime e le modalità di verifica, nonché i requisiti dell'edificio ad energia quasi zero; il secondo decreto riguarda la classificazione energetica e il nuovo modello di certificato energetico e, infine, un terzo decreto che riguarda i nuovi modelli di relazione tecnica (leggi qui).
EDIFICI ED INTERVENTI INTERESSATI DALLE NUOVE DISPOSIZIONI.
Cambieranno principalmente gli ambiti di attuazione. Con il nuovo decreto Requisiti Minimi si parlerà di ampliamenti, ristrutturazioni importanti e riqualificazioni energetiche. Nel dettaglio, gli ambiti di applicazione riguardano le nuove costruzioni: si intende con permesso di costruire presentato dopo il 1° ottobre 2015 (data di entrata in vigore dei decreti). Demolizione e ricostruzione qualunque sia il titolo abilitativo e la dimensione dell'intervento. Ampliamento e soprelevazione, laddove il volume ampliato è maggiore del 15% rispetto a quello esistente oppure maggiore di 500 m3.
Il secondo ambito di applicazione riguarda le ristrutturazioni importanti che si dividono in primo e secondo livello. Le ristrutturazioni di primo livello riguardano interventi involucro più impianto, laddove intervengo su più del 50% della superficie disperdente esterna per l'involucro. Quando intervengo solo sull'involucro, se la superficie è anche superiore al 50%, si parla di ristrutturazione importante di secondo livello. Torno nella ristrutturazione importante di secondo livello anche quando, pur intervenendo sull'impianto, intervengo su una porzione di involucro che interessa dal 25 al 50% della superficie disperdente esterna. 
Il terzo ambito di applicazione riguarda le riqualificazioni energetiche, ossia un intervento che interessa meno del 25% della superficie disperdente lorda esterna e/o installazione o ristrutturazione dell'impianto termico invernale e/o estivo. E' importante sottolineare cosa si intende per superficie disperdente lorda esterna: è la superficie di elementi opachi e trasparenti che delimitano il volume a temperatura controllata sia dall'ambiente esterno che da ambienti non climatizzati quali le pareti verticali, i solai contro terra e su spazi aperti, i tetti e le coperture.
PRESCRIZIONI E VERIFICHE. Per il primo ambito di applicazione (nuove costruzioni, demolizioni e ampliamenti) e per le ristrutturazioni importanti di primo livello sarà necessario verificare l'intero edificio con determinati parametri: gli indici di prestazione energetica (verificati con il metodo dell'edificio di riferimento), il coefficiente medio globale di scambio termico, l'area solare equivalente estiva e i limiti per divisori; bisognerà verificare inoltre le prestazioni estive dell'involucro, i rendimenti limite, alcuni requisiti impiantistici e infine rispettare gli obblighi sull'utilizzo di fonti rinnovabili previsti dal DLgs 28/2011.
Per quanto riguarda invece le ristrutturazioni importanti di secondo livello e le riqualificazioni energetiche, i requisiti si applicano solo alla superficie oggetto di intervento. Per cui se intervengo su una superficie esterna sarà necessario verificare che la sua trasmittanza rispetti le trasmittanze limite previste dal decreto. In caso di superficie trasparenti, sarà invece necessario verificare il fattore di trasmissione solare, che deve essere inferiore a 0,35 e - solo per le ristrutturazioni importanti di secondo livello - bisognerà verificare il coefficiente medio di scambio termico (media trasmittanze pesata sulle aree). Infine, è necessario rispettare dei requisiti minimi sugli impianti termici. 
All'interno delle riqualificazioni energetiche sono poi presenti alcune deroghe: nel caso di isolamento dall'interno e in intercapedine, la trasmittanza da rispettare è incrementata del 30% rispetto a quella limite. Nel caso invece di isolamento in controsoffitto e installazione di pannelli radianti è possibile andare in deroga di massimo 10 cm in altezza.
Per la ristrutturazione o installazione di impianti, a seconda della tipologia d'impianto, si dovrnno rispettare determinati parametri, tenendo conto anche dei requisiti previsti dalle direttive impiantistiche 125 e 30 UE. Per impianti con potenza nominale superiore a 100 kW è obbligatoria la diagnosi energetica di edificio e impianto. 
PRESCRIZIONI COMUNI. Altre prescrizioni comuni a tutti gli ambiti di applicazione riguardano le strutture di copertura e le verifiche termoigrometriche. Sono presenti anche prescrizioni impiantistiche specifiche per i generatori a biomassa e per gli impianti di microcogenerazione. Infine, viene posto l'obbligo al trattamento dell'acqua degli impianti termici. 

La nuova Certificazione Energetica: fissati i fattori di conversione in energia primaria

Tratto dal sito www.lavoripubblici.it

14/07/2015 - Sono stati resi pubblici ma non ancora pubblicati i 3 nuovi decreti attuativi del D.Lgs n. 192/2005 aggiornato dalla Legge n. 90/2013. I decreti vanno ad aggiornare e sostituire il D.P.R. n. 59/2009, il D.M. 26/06/2009 e l'Allegato E del D.Lgs n. 192/2005. 
Con questi decreti diventa effettivo il recepimento della Direttiva 2010/31 (EPBD recast). 
Aspetto molto importante è che il legislatore fissa finalmente in questi documenti i fattori di conversione in energia primaria.

Il "Decreto requisiti" specifica cosa fare individuando differenti fattispecie di intervento edilizio: nuova costruzioneristrutturazione importante e riqualificazione
Per edificio di nuova costruzione si intende l'edificio il cui titolo abilitativo sia stato richiesto dopo l'entrata in vigore del decreto. Sono inoltre equiparati ad edifici di nuova costruzione anche: 
gli edifici sottoposti a demolizione e ricostruzione, qualunque sia il titolo abilitativo necessario; 
edifici esistenti ampliati, ovvero i nuovi volumi edilizi, realizzati all'esterno della sagoma dell'edificio esistente (in adiacenza o tramite sopraelevazioni) o attraverso la chiusura di spazi aperti (logge, porticati, ecc.) con relativo cambio d'uso, indipendentemente dal fatto che l'ampliamento sia connesso al volume preesistente o sia una nuova unità. 

Nel caso di edifici ampliati la verifica del rispetto dei requisiti deve essere condotta solo sulla nuova porzione di edificio. Unica eccezione: quando l'ampliamento sia servito mediante l'estensione di sistemi tecnici preesistenti, nel qual caso le verifiche impiantistiche sono svolte in riferimento ai dati tecnici del sistema di generazione esistente.

Per gli edifici ristrutturati si deve fare invece una ulteriore suddivisione, tra ristrutturazione importante di primo livello e ristrutturazione importante di secondo livello. Ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera l-vicies quater) del decreto legislativo n. 192/2005, si definisce ristrutturazione importante l'intervento che interessa gli elementi e i componenti integrati costituenti l'involucro edilizio (quali le pareti verticali, i solai contro terra e su spazi aperti, i tetti e le coperture) che delimitano un volume a temperatura controllata dall'ambiente esterno, con un'incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente esterna complessiva dell'edificio.

Le ristrutturazioni importanti di primo livello comprendono quegli interventi che interessano l'involucro edilizio con un'incidenza superiore al 50 per cento della superficie disperdente esterna complessiva dell'edificio e comportano il rifacimento dell'impianto termico per il servizio di climatizzazione invernale e/o estiva asservito all'intero edificio. In tali casi i requisiti di prestazione energetica si applicano all'intero edificio e si riferiscono alla prestazione energetica relativa al servizio considerato.

Le ristrutturazioni importanti di secondo livellocomprendono quegli interventi che interessano l'involucro edilizio con un'incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente esterna complessiva dell'edificio. Questi interventi possono interessare l'impianto termico per il servizio di climatizzazione invernale e/o estiva. In tali casi i requisiti di prestazione energetica richiesti si applicano all'intero edificio ma si riferiscono alle caratteristiche termofisiche dei componenti dell'involucro. Per gli impianti oggetto di eventuale intervento devono comunque essere rispettate specifiche prescrizioni.

Il Decreto prevede poi le "riqualificazioni energetiche", ovvero quegli interventi che intervengono su una superficie inferiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda complessiva dell'edificio e/o consistono nella nuova installazione o nella ristrutturazione di un impianto termico asservito all'edificio. In tali casi i requisiti di prestazione energetica richiesti si applicano ai soli componenti edilizi e sistemi tecnici oggetto di intervento e si riferiscono alle loro relative caratteristiche termofisiche o di efficienza.

Qualora un edificio sia costituito da parti individuabili come appartenenti a destinazioni d'uso diverse, ai fini del calcolo della prestazione energetica le stesse devono essere considerate separatamente e cioè ciascuna nella categoria che le compete. Ove non fosse tecnicamente possibile trattare separatamente le diverse zone termiche, l'edificio è valutato (e classificato) in base alla destinazione d'uso prevalente in termini di volume riscaldato (Allegato 1, paragrafo 1.2, comma 2).

In caso di nuova costruzione e di ristrutturazione importante di primo livello, i requisiti sono determinati con l'utilizzo dell'edificio di riferimento, in funzione della tipologia edilizia e delle zone climatiche. In particolare in sede progettuale si procede alla determinazione degli indici energetici e di specifici parametri che considerano tutti i sistemi presenti nell'edificio. Vengono anche definiti gli edifici "a energia quasi zero": sono tutti gli edifici, siano essi di nuova costruzione o esistenti, per cui sono contemporaneamente rispettati alcuni precisi requisiti (con riferimento a parametri, indici ed efficienze) nonchè gli obblighi di integrazione delle fonti rinnovabili nel rispetto dei principi minimi di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Allegato 3, paragrafo 1, lettera c). 

Per i soli interventi sugli edifici esistenti che rientrano nella tipologia della ristrutturazione importante di secondo livellosi verifica il fattore di scambio termico determinato per l'intera porzione dell'involucro oggetto dell'intervento, comprensiva di tutti i componenti su cui si è intervenuti. Questo deve risultare inferiore al pertinente valore limite proposto per gli edifici di nuova realizzazione.
Inoltre per le ristrutturazioni importanti di secondo livello(per la porzione di involucro interessata dai lavori) e per le riqualificazioni energetiche devono essere verificate le trasmittanze termiche, utilizzando come valori limite per tale parametro quelli riportati nelle pertinenti tabelle dell'Appendice B del decreto requisiti. 

Nel caso di ristrutturazione o di nuova installazione di impianti di climatizzazione invernale, o di sostituzione di generatori di calore, compresi gli impianti a sistemi ibridi, si calcola l'efficienza media globale stagionale dell'impianto termico e si verifica che risulti maggiore del pertinente valore limite proposto in Appendice A per l'edificio di riferimento: con edificio di riferimento si intende un edificio identico in termini di geometria (sagoma, volumi, superficie calpestabile, superfici degli elementi costruttivi e dei componenti), orientamento, ubicazione territoriale, destinazione d'uso e situazione al contorno e avente caratteristiche termiche e parametri energetici predeterminati conformemente alla Appendice A all'Allegato 1. 
Si devono inoltre installare sistemi di regolazione per singolo ambiente o per singola unità immobiliare, assistiti da compensazione climatica, e, qualora l'impianto sia asservito a più unità immobiliari, un sistema di contabilizzazione diretta o indiretta del calore.

Per quanto riguarda il Decreto contenente le Linee Guida nazionali sulla Certificazione Energetica, si deve rilevare come sia strettamente legato al decreto requisiti, in quanto lega i valori di determinazione delle classi energetiche all'edificio di riferimento. Questo ingenera una prima criticità, in quanto a tutti gli effetti i valori delle classi energetiche dipendono dalla forma e dalla configurazione architettonica dell'edificio: un edificio fortemente vetrato può essere in una classe molto alta (ad esempio A 1), nonostante una fabbisogno energetico elevato (ma ridotta rispetto a quella dell'edificio di riferimento).

La classificazione viene fatta sulla base dell'energia primaria non rinnovabile globalmente impiegata. Sono tuttavia considerati tutti i servizi energetici presenti nell'edificio: riscaldamento, acqua calda sanitaria, raffrescamento, ventilazione, e, per il non residenziale, illuminazione e sistemi di trasporto (ascensori, marciapiedi e scale mobili). Per illustrarne la prestazione vengono impiegate icone ed "emoticon", che hanno lo scopo di rendere più chiaro ed intuibile l'APE

Il Decreto riporta il nuovo format di APE, di AQE e il format tipo dell'Annuncio Immobiliare che, ormai da anni, deve riportare classe e prestazione energetica dell'edificio oggetto di transazione. 
Il Decreto, nonostante le buone intenzioni, non è particolarmente chiaro, in quanto in alcuni punti entra in contraddizione con il decreto legislativo di rango superiore: ad esempio si dice che l'APE può essere riferito tanto all'edificio quanto alla singola unità immobiliare, mentre il D.Lgs. n. 192/2005 di fatto lo esclude. Inoltre il decreto non fornisce ancora una metodologia per una valutazione convincente della prestazione termica estiva del fabbricato.

Infine per quanto riguarda il decreto che definisce gli schemi e le modalità di riferimento per la compilazione della relazione tecnica di progetto per nuove costruzioni, ristrutturazioni importanti, interventi di riqualificazione energetica, poichè nelle premesse del decreto si trova scritto "..considerato l'esito positivo delle consultazioni con le principali associazioni di categoria interessate...", poiché gli ingegneri non sono mai stati consultati, dovendo ritenere che secondo i ministeri o non siamo associazione di categoria interessata o non siamo una delle associazioni principali, si deduce che evidentemente le relazioni tecniche di progetto non competono agli ingegneri o alle professioni tecniche in senso lato! Amarissima considerazione, ma continueremo ad insistere affinché il determinante contributo degli ingegneri e delle professioni tecniche in questo specifico settore, venga acquisito nella fase di elaborazione nelle disposizioni legislative.
A cura di
Ing. Gaetano FedeConsigliere C.N.I. Responsabile area Energia
Ing. Franco BarossoComponente GdL Energia del C.N.I.